POETRY BETWEEN DREAM & PROFECY FOR NEW HUMANISM IN THE AGE OF TECHNOLOGY Domenico Pisana

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INTRODUZIONE

L’era del digitale nella quale il mondo globale vive favorisce l’inclusione e la diversita? E che ruolo esercita nella formazione delle generazioni di oggi e in prospettiva del loro futuro ?

Il tema di questa conferenza ci pone di fronte a molti questioni aperte e domande necessarie.

Al di là dei buoni propositi, sono in molti a chiedersi se l’Umanesimo Digitale sarà in grado di coinvolgere la mente e i cuori dei decisori politici e della collettività, così da far mettere in secondo piano gli egoismi e gli interessi economici nazionali che hanno incarnato i tradizionali approcci basati sullo sfruttamento e usati finora a livello globale? Ci si chiede anche se sarà capace di riscattare un mondo che ha ampliato le disuguaglianze economiche oltreché le problematiche ambientali.

Sono, queste, interrogativi che ci interpellano molto, atteso che si va sempre più consolidando l’ idea che ciò che serve a far progredire il mondo globale è la scienza, la tecnica, l’informatica, l’economia, il digitale, l’intelligenza artificiale e non più l’umanesimo, che ha detto tutto e che oggi non avrebbe più nulla da dire.

Nell’era delle nuove tecnologie, nella civiltà dell’uomo oeconomicus, dell’homo faber, dell’homo ludens, dell’uomo digitale, nel tempo della diversità e della multiculturalità quale ruolo allora è chiamata ad avere la cultura umanistica?

La sfida che dovrà caratterizzare lo sviluppo dell’Umanesimo Digitale è quella di arrivare ad avere un mondo più inclusivo, equo e solidale. La scuola e l’Università hanno il dovere di preparare i futuri cittadini a comprendere come risolvere i tanti problemi globali che minacciano il pianeta e l’umanità stessa.

Ritengo che la cultura umanistica sia ancora, nell’era digitale, molto importante e necessaria; rimetterla al centro è un’ urgente esigenza del nostro tempo perché le nuove tecnologie, i social media e il web, gli aspetti scientifici e tecnologici del mondo di oggi, sicuramente portatori di valorialità e positività, stanno rischiando di far scivolare il mondo in una sorta di scientismo fine a se stesso, con il conseguente pericolo di costruire tecnici robotizzati anziché persone, uomini e donne capaci di senso critico e di riferirsi a significati e orizzonti umani e trascendenti più ricchi e consapevoli.

L’umanesimo dell’era digitale non può risultare comprensibile senza un riferimento alle sue radici storiche. La tecnologia, il web, i social, che puntano sull’efficienza, la velocità, la sintesi e il copia e incolla, non possono e non devono soppiantare la bellezza del pensiero, che è analisi, senso critico, lingua, linguaggio, parola, umanità, simpatia e compassione, spiritualità e trascendenza, libertà e sentimento, inclusione e diversità, tutti elementi che muovono le scelte etiche di un popolo.

L’era digitale potrà considerarsi umana solo se la dimensione valoriale della cultura, nelle sue varie forme e diversità, sarà in grado di dare respiro formativo a uomini e donne del nostro tempo, respiro fortemente esposto al rischio di una tecnocrazia che ama avere molti consumatori e pochi cittadini. Il mondo di oggi ha bisogno non solo di tecnici, ma di persone pensanti formati alla bellezza dell’umanesimo e capaci di usare la tecnica per metterla a servizio dell’uomo.

Sotto l’influsso delle nuove tecnologie l’umano si modifica, cambia, e cambiano anche gli approcci per ridire il senso della vita, per contribuire a una umanità più vera, per continuare a essere uomini e donne di questo tempo.

L’umanesimo digitale sarà tale se saprà coniugare le potenzialità delle tecnologie digitali con i valori umani, se porrà al centro della sua riflessione la questione dell'inclusione e della diversità. In un mondo sempre più connesso e mediato dal digitale, è fondamentale garantire che tutti possano accedere alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, indipendentemente dal loro background socioeconomico, culturale o dalle loro abilità. Insomma, l'inclusione e la diversità sono pilastri fondamentali dell'umanesimo digitale. Per costruire un futuro digitale equo e inclusivo, è necessario un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti: dalle istituzioni alle aziende, dalla società civile alle scuole e alle Università e ai singoli individui.

  1. Il ruolo della poesia nella costruzione dell’umanesimo digitale

Dopo questa introduzione, desidero ora entrare nello specifico del tema della mia conferenza, e cioè La poesia tra “ sogno e profezia” per un nuovo umanesimo nell’era digitale.

  1. Poeti e poesia per un nuovo umanesimo

La poesia, nell’Occidente ma non solo, sin dal mondo classico è stata intrisa dei valori dell’umanesimo. Da Omero a Virgilio, ai lirici greci passando per Dante e Petrarca, non c’è stata poesia che non abbia avuto, nella sua essenza più profonda, la presenza dell’ “humanitas” intesa nel senso dello scrittore latino Terenzio, che con questo termine intendeva uno stile di vita giusto ed equilibrato ed un modo corretto di relazionarsi con le altre persone.

L’humanitas non è però da contrappore a “divinus” o Trascendenza, anzi al suo interno un posto rilevante occupa sicuramente la fede religiosa e la spiritualità, tant’è che i grandi poeti della Letteratura italiana e mondiale si sono sempre posti con inquietudine il significato dell’esistenza con domande ben precise: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, perché viviamo, che senso ha la vita, trovando nel mistero della Trascendenza la strada di una ricerca interiore personale e sociale.

Nell’era digitale la poesia deve diventare uno strumento per riflettere sulla nostra identità, sulle relazioni che instauriamo on line e sulle implicazioni etiche dell'uso delle tecnologie. Con le nuove tecnologie la poesia è divenuta visiva, interattiva e capace di far interagire parole, immagini, video, suoni; è diventata poesia sonora atteso che viene accompagnata da suoni, musica o effetti sonori; poesia ipertestuale, poesia immersiva, cioè un'esperienza che coinvolge tutti i sensi del lettore e che può interagire con l'ambiente circostante.

Internet ha reso dunque la poesia accessibile a un pubblico più vasto. Le piattaforme social e i blog letterari permettono ai poeti di condividere le proprie opere, di interagire con i lettori e di creare comunità letterarie on line che stimolano la creatività e aprono nuove prospettive espressive.

L’era digitale sta favorendo la collaborazione tra poeti, artisti, musicisti, attori e pittori, dando vita a progetti innovativi e interdisciplinari. Insomma la cultura e il digitale sono diventate due realtà in costante evoluzione, che si influenzano reciprocamente. E questo incontro rappresenta sicuramente una sfida, ma anche una grande opportunità per ripensare il ruolo della poesia nella società contemporanea.

  1. I rischi dell’umanesimo digitale

Tutto quanto evidenziato non è però esente da rischi. E quali sono le sfide e le criticità di questo incontro tra poesia e digitale?

Un primo rischio è la perdita dell'autenticità: si corre il rischio che la poesia digitale perda il suo carattere intimo e personale, diventando un prodotto commerciale, standardizzato e omologato. Un secondo rischio è la superficialità: la sovrabbondanza di poesie on line sta portando a una frammentazione dell'attenzione e a una difficoltà nel concentrarsi sulla lettura e sulla scrittura poetica, sta determinando una dipendenza dalle tecnologie digitali che rischia di limitare la creatività e l'autonomia degli autori.

  1. La poesia nel naufragio contemporaneo dell’era digitale

Se l’umanesimo digitale contiene in sé questa possibilità di unire e di connetterci a livello mondiale, la domanda che pongo alla vostra attenzione è la seguente: A che serve un poeta, supposto che a qualcosa serva? E’ una domanda che scaturisce da un testo del poeta Khalil Gibran, poeta, pittore e filosofo libanese di religione cristiano-maronita emigrato negli Stati Uniti, la cui poesia si trova tradotta in oltre 20 lingue, riuscendo ad unire la civiltà occidentale e quella orientale.

In questo testo dice Gibran:

La poesia è il salvagente

cui mi aggrappo

quando tutto sembra svanire.

Quando il mio cuore gronda

per lo strazio delle parole che feriscono,

dei silenzi che trascinano verso il precipizio.

Quando sono diventato così impenetrabile

che neanche l'aria

riesce a passare.

Chi è allora il poeta? Il poeta è, per Gibran, colui che con i suoi versi entra dentro le macerie interiori della vita per ricostruirla, rianimarla. Nell’era digitale occorre il passaggio dal poeta che descrive o canta la vita al poeta che “ri-costruisce e che butta un salvagente per aiutare l’uomo a salvare la vita”.

Se guardiamo oggi il nostro tempo, è sotto gli occhi di tutti che esso è il tempo dell’individualismo; è il tempo del nichilismo, il tempo della frammentazione , è il tempo del naufragio: naufragano le relazioni tra uomo e donna, tra popoli e culture e tra le religioni.

E’ il tempo del naufragio delle istituzioni: politica, aggregazioni sociali, culturali, religiose, partiti, scuola; è il tempo del naufragio delle motivazioni, dei sentimenti e nel quale si avverte malessere, conflitto, mancanza di pace interiore; è il tempo del naufragio della coesione sociale: si moltiplicano i conflitti, gli scontri, le guerre, le aggressioni verbali e fisiche.

Chi è allora il poeta? Il poeta è, per Gibran, colui che con i suoi versi entra dentro le macerie interiori della vita per ricostruirla, rianimarla. Nell’era digitale occorre il passaggio dal poeta che descrive o canta la vita al poeta che “ri-costruisce e che butta un salvagente per aiutare l’uomo a salvare la vita”.

Se guardiamo oggi il nostro tempo, è sotto gli occhi di tutti che esso è il tempo dell’individualismo; è il tempo del nichilismo, il tempo della frammentazione , è il tempo del naufragio: naufragano le relazioni tra uomo e donna, tra popoli e culture e tra le religioni.

E’ il tempo del naufragio delle istituzioni: politica, aggregazioni sociali, culturali, religiose, partiti, scuola; è il tempo del naufragio delle motivazioni, dei sentimenti e nel quale si avverte malessere, conflitto, mancanza di pace interiore; è il tempo del naufragio della coesione sociale: si moltiplicano i conflitti, gli scontri, le guerre, le aggressioni verbali e fisiche.

In questo tempo di naufragio globale la poesia deve connotarsi allora per la sua visione “soteriologica e ri-costruttrice” , vale a dire per quella prospettiva ontologica grazie alla quale la parola poetica diventa mezzo e luogo capace di intercettare lo “strazio che gronda dal cuore a motivo delle parole che feriscono” di cui parla Gibran, aiutando l’uomo a leggere dal di dentro se stesso, i suoi rapporti con l’altro, con la società.

La poesia diventerà allora un salvagente nell’era delle nuove tecnologie se sarà in grado di suscitare domande di senso sulla necessità per l’uomo di “ritrovare l’anima” rubata da relazioni di solitudine e dall’imperante nichilismo e materialismo.

  1. La voce dei poeti e la loro funzione profetica e sociale nell’era del digitale: non c’è futuro senza memoria

Nell’umanesimo digitale la poesia deve ritornare ad avere una nuova funzione sociale e profetica in grado di aiutare l’uomo a leggere dal di dentro se stesso, i suoi rapporti con l’altro, con la società: la poesia deve – e mi avvalgo delle parole sempre attuali di Salvatore Quasimodo - “ri-fare l’uomo dentro”: questo è il problema capitale! – affermava il Premio Nobel per la Letteratura.

 L’umanesimo digitale, con tutti i suoi aspetti positivi, non può avere futuro se perde la memoria, quella memoria poggiata sulla testimonianza di figure di poeti che hanno esercitato con gli strumenti del loro tempo una azione costruttiva e rilevante, una funzione profetica davvero interessante e che ancora oggi, nell’era del digitale, è di grande attualità e di esempio.

James Sanua

Vorrei cominciare con un poeta egiziano. Mi riferisco al poeta James Sànua, nato al Cairo nel 1839 e morto a Parigi nel 1912, giornalista, attivista nazionalista e drammaturgo, poeta e scrittore, del quale si è occupato in un volume dal titolo La poesia italiana di James Sànua. L’arabo anziano e altri scritti, e pubblicato in Italia nel 2018, la prof.ssa Wafaa El Beìh.

James Sanua è stato un personaggio che già all’età di sedici anni inizia a scrivere articoli su giornali arabi, francesi, italiani e inglesi. Nel 1863 diviene professore all'Ecole Polytechnique ed esaminatore di scuole sotto il governo egiziano. Nel 1870 introduce in Egitto il teatro arabo moderno.

Insomma, una personalità forte, dirompente, che a causa della sua opposizione al governo venne esiliato nel 1878. Si stabilì a Parigi, città da cui continuò a pubblicare il suo giornale violentemente anti-inglese come organo del cosiddetto Partito Nazionale Egiziano. Nella sua vita visitò più volte il sultano, ricevendo da lui numerose decorazioni. Nel 1900 lo Scià di Persia gli conferì il titolo di "Sha'ir al-Mulk" (Poeta dell’Impero).

James Sanua nelle sue poesie faceva emergere il contesto politico, sociale e culturale che si viveva e respirava. C’era nella sua poesia un chiaro sitz im leben, ossia un contesto situazionale legato alla realtà storica dell’Egitto che raccontava, e nella sua opera scorreva, in particolare, la visione di un tempo di rinascimento, che egli vedeva profilarsi all’orizzonte e di cui appariva fiero, tant’è che in una poesia cantava:

“Quanto splende d’Egitto l’avvenire!

Omai la civiltà vi fè gran passi:

Arti e scienze si veggon rifiorire

Collegi e scuole per le varie classi

Da per tutto s’apriro, e assai contenti

I professori son degli studenti.

Chiare prove del loro gran progresso

Le scuole militari ci hanno dato;

Che l’esercito egizio è quasi adesso

Dagli uffiziali loro comandato:

L’agricoltura pur va molto avanti,

E gridano vittoria i commercianti…”

Il corpus poetico di James Sanua poggiava su temi di grande valore umano ed educativo ancora attuali nell’umanesimo digitale: la fede, il fato, la rassegnazione, la libertà, l’amore, la Religione, il Monoteismo, la capacità degli Europei, la massoneria, la profanazione.

James Sanua è stato un poeta profetico che ha sicuramente anticipato il modello culturale dell’intellettuale di un neo rinascimento nella sua Egitto. Nel percorso letterario di questo poeta egiziano dell’800 c’è, in fondo, una complessità tematica che è al centro del mondo globale contemporaneo, una complessità che pone sul tappeto i rapporti internazionali, il dialogo interreligioso, lo sviluppo delle potenzialità insite nell’attivazione di esperienze di vita, culturali e artistiche riferentesi all’Italia e al mondo arabo, nonché lo spazio di nuove domande in relazione alle forme di solidarietà e di collaborazione tra i popoli, e alla condivisione, nel rispetto delle singole individualità nazionali, di temi che riguardano i rapporti economici, la cultura in senso ampio, le forme della vita sociale, la religione, la famiglia, l'infanzia e l'adolescenza e il lavoro.

Un’altra voce originale, appartenente alla letteratura ispanica, di cui l’umanesimo digitale può fare tesoro è Federico Garcia Lorca, una figura poliedrica perché si offre al contesto sociale del primo Novecento come “l’artista totale”, artefice non solo di versi ma anche di composizioni musicali, teatrali, di spettacoli per i palcoscenici di contrade. Insomma, Lorca era un poeta con uno stile unico, che intrecciava caratteri tipici del simbolismo, oltre ad un largo utilizzo di elementi mistici con i quali affrontava problematiche e dubbi esistenziali. Quello di Garcia Lorca è stato un itinerario nel quale egli ha concepito se stesso come un sognatore e profeta del suo tempo, uno che ha battuto “ il pugno con tutta la sua forza” schierandosi sempre dalla parte dei più poveri e cercando la giustizia fino al proprio sacrificio, connotandosi, pertanto, come il poeta che dai grattacieli di New York lanciava con i suoi versi un “grido” e una “denuncia sociale” rompendo gli schemi nel modo di comunicare il suo mondo interiore; insomma – come dice Claudio Rendina - il ‘niño emarginato’ impegnato con gli umili nel riscatto del primordiale” (F. García Lorca, L'aurora, in Tutte le poesie, a cura di Claudio Rendina, Newton Compton, 2002)

Dal 2022 stiamo assistendo ad una guerra assurda, vera follia, con morti di uomini, donne, bambini, anziani, guerra che continua a vedere in conflitto la Russia e l’Ucraina e da un anno Israele e la Palestina, e tutto questo è visibile quotidianamente attraverso i social e tutto il mondo digitale. Ebbene, anche in questo doloroso nostro tempo è importante che emerga la voce dei poeti, che, come profeti, sappiano lanciare messaggi a favore della pace.

La letteratura italiana del Primo Novecento ci ha dato in questa direzione testimonianze di poeti che hanno alzato la loro voce che certamente non aveva e non poteva avere quella risonanza che oggi permette l’umanesimo digitale. Mi riferisco a Quasimodo, Rebora e Ungaretti.