Peculiarità stilistiche de "Il Porto Sepolto" di Giuseppe Ungaretti

Document Type : Original Article

Authors

1 Italian, Arts, Helwan, Cairo, Egypt

2 Faculty of Arts Italian Department University of Helwan, Egypt

Abstract

This article extracted from my master thesis intends to examine "Il Porto Sepolto" (The Buried Port) by Giuseppe Ungaretti, from a structural - thematic perspective and from the point of view of language and words with a stylistic perspective. Ungaretti was an Italian poet born in Alexandria of Egypt to parents from Lucca, who later was educated in Paris.

The study starts from the analysis of the roots of the poet, a precursor of the poetic movement of Hermeticism. Roots deeply set in Egypt, his birthplace, marked by the presence of the desert and of the Nile, but also in Italy, the land of his parents that later welcomed him, and in France, at that time a cultural crossroads of extraordinary importance, country that put him in contact with the poetry of Baudelaire and, above all, of Mallarmé.

From this cultural synthesis, which does not exclude the influence of Futurism, emerges the collection entitled "Il Porto Sepolto", a diary in verses that describes, albeit not in a systematic way, the devastating and traumatic experience of the First World War, in which the poet-soldier Ungaretti participated, and, above all, that examines the human condition.

Keywords

Main Subjects


Introduzione
     Ungaretti nasce ad Alessandria d'Egitto ed a 24 anni lascia l'Egitto e si stabilisce a Parigi dove conosce Papini, Soffici e Palazzeschi che lo invitano a collaborare a "Lacerba" allo scoppio della guerra. Viene chiamato alle armi e viene mandato sul Carso, soldato semplice del diciannovesimo Reggimento di Fanteria. Nel dicembre del 1916 pubblica "Il Porto Sepolto" a Udine in edizione limitata di 80 copie con l'aiuto di Ettore Serra, giovane ufficiale del Commissariato. 
     Nel 1942 l'editore Mondadori pubblica tutte le sue opere con il titolo "Vita d'un uomo". Muore a Milano il 02 giugno 1970.   
     L'oggetto di tale ricerca si concentra su quella raccolta di poesie della versione definitiva pubblicata nel 1969 dall'Arnaldo Mondadori con il libro intitolato "Vita di un uomo. Tutte le poesie"  con alcune varianti del poeta. In questa edizione, l'opera comprende trentatré poesie.
      "Il Porto Sepolto" di Ungaretti è una raccolta poetica che porta delle varie innovazioni stilistiche nata in un clima bellico. Il poeta modificò in profondità il modo di fare poesia nei primi anni del Novecento. 
      La raccolta è il capolavoro del poeta, uno dei vertici della poesia italiana di tutti i tempi. Egli rinnova la poesia italiana sia dal punto di vista formale e tematico che linguistico. Sconvolge i canoni lirici tradizionali, distruggendo il verso. Rifiuta le consuete strutture ritmiche e strofiche e abolisce la punteggiatura. Usa gli spazi bianchi come pause che creano ovviamente una sensazione esplosiva. La parola ungarettiana è pregnante e colpisce fin dall'inizio. 
      In questo studio, metto in evidenza le particolarità stilistiche sia tematiche e linguistiche che formali della raccolta poetica, rivelando le innovazioni poetiche. 
      La poesia è rarefatta e priva di forma. Questa poetica non apporta delle modifiche e delle innovazioni solamente sul piano strutturale, ma anche su quello linguistico. 
      Ungaretti introduce nella poesia italiana delle autentiche  innovazioni formali e lascia al mondo poetico italiano un modello stilistico rimasto insuperato nella produzione poetica a lui suggestiva, una lirica in grado di accostarsi ad una poesia intima.
     Ungaretti usa delle semplici parole adeguate al momento storico della Prima Guerra Mondiale, ma nel contempo significative. Il valore della vita appare contrapposto al suo annullamento, alla morte insomma e forse anche alla poetica narrativa perché la morte è un momento naturalmente triste che simboleggia la negazione dell'esistenza ed elimina anche la continuità della poetica stessa. 
    In effetti, questo sentimento doloroso è accompagnato da uno stile particolare. Il poeta, usando la brevità dei versi, riesce a rendere pregna magistralmente la parola poetica che appare sempre in una posizione di assoluta centralità. La morte appare un segreto nella nostra vita, così come la poesia ungarettiana diventa un segreto da interpretare.

1.    Aspetti tematici
     In questa sezione, parlerò delle varie caratteristiche tematiche de "Il Porto Sepolto", portando degli esempi evidentemente chiari estratti dall'opera. Tali estratti sono ovviamente dei campioni che riflettono praticamente le tematiche principali delle poesie ungarettiane.
     La raccolta è caratterizzata da molteplici aspetti tematici fra cui vengono, in primo luogo, i ricordi del poeta. Oltre a questi ricordi, si può aggiungere la tematica della vita e della morte, della parola e del silenzio, della leggerezza e della pesantezza e quindi della luce e del buio. 
    Ad esempio, nella poesia intitolata "IL PORTO SEPOLTO" [1]che porta un titolo zero cioè lo stesso della poetica "Il Porto Sepolto" (p.23), il tema fondamentale dei versetti è la poesia come immersione nelle profondità dell'io, l'ascolto delle radici nascoste della vita e la disperazione della poesia al lettore. 
     La poesia resta in Ungaretti come un mistero insondabile. Non trova nulla all'animo umano perché il cuore dell'essere umano è un segreto che non esaurisce. Esiste un mescuglio tra luci e ombre. 
     In questi primi versi della poesia eponima troviamo una tematica che riguarda le luci, la leggerezza.
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce
e li disperde (p.23)
     Nei versi finali, invece, troviamo il contrasto: la pesantezza. Si tratta di una tematica fondamentale dell'opera.
Di questa poesia
mi resta
quel nulla (p.23)
      Quindi, secondo Ungaretti, la poesia deve comprendere un segreto così come la nostra vita che porta un mistero inesauribile.
      Infatti, i ricordi si incrociano con le altre tematiche. La dicotomia della leggerezza e della pesantezza è una tematica essenziale ne "Il Porto Sepolto".
     "Il titolo, Il Porto Sepolto, implicitamente allude alla pesantezza, o, a guardar meglio, a una commistione tra pondus e levitas: il porto è infatti una struttura architettonica che unisce terra e mare, una struttura che rinvia alla pesantezza dei moli e dei frangiflutti, ma al contempo abbraccia e si compenetra con l'elemento equoreo, che si connette al campo semantico della leggerezza."[2] 
    La contraddizione esistente tra le tematiche dell'opera di Giuseppe Ungaretti ne "Il Porto Sepolto" verte anche sulla parola e sul silenzio così come la vita e la morte o la leggerezza e la pesantezza come lo afferma Daniela Baroncini che collega il tipo di questa scrittura con il tema della parola e del silenzio nel senso che c'è un rapporto tra la parola e il silenzio, tra i versi scritti come blocchi e gli spazi bianchi.[3] 
     In effetti, si tratta di una contraddizione tra il grido e il silenzio. A questo proposito, si può dire che la formazione del poeta – nato e cresciuto ad Alessandria d'Egitto nel quartiere periferico di Moharrem Bek – è tra l'oasi e il deserto egiziano da una parte e gli studi giovanili e l'esperienza parigiana delle avanguardie dall'altra. È un influsso molto evidente.
       Il deserto e il mare sono in continuo contatto e contrasto. Il primo è statico e sembra immutabile. Sembra un luogo di ispirazione poetica che canta la sorte umana, la morte, e l'atro, invece, è in agitazione e rinnovamento. Ungaretti dice:
     "Sono d'Alessandria: altri luoghi d'oriente possono avere le mille e una, Alessandria ha il deserto, ha la notte, ha il nulla ha i miraggi, la nudità immaginaria che innamora perdutamente e fa cantare a quel modo senza voce che ho detto."[4]
      I temi principali dell'opera provengono ovviamente dall'ispirazione poetica del poeta Ungaretti. Egli nasce e cresce nel deserto in cui sorge l'ispirazione e la tematica della contraddizione: la vita e la morte o la luce e il buio. Ungaretti dice: "Due almeno degli elementi che contribuiscono a formare la mia ispirazione mi vengono dal deserto e sono il sentimento della schiavitù carnale […]. L'elemento di vita e anche l'elemento tragico del deserto è la luce […]. Tutto è precario. Ero in preda, in quel paesaggio, di quella presenza, di quel ricordo, di quel richiamo costante, della morte […] ." [5]
      Ungaretti nasce in una famiglia da Lucca e si contrappone in due paesaggi assai diversi. Il primo paesaggio è desertico e il secondo, invece, è pieno di segni d'arte e della presenza molto innovatrice e civile dell'uomo. Il paesaggio del Carso è un deserto di verde e quindi cadono tronchi e alberi interi e vite umane.
      La tematica principale sorta dal paesaggio di nascita del poeta, viene anche dalla sua esperienza bellica.
     "[…] questo tema della morte, vista come naufragio dei sogni nella guerra interiore, con la complementare esperienza della morte quotidiana nella guerra fisica, durante il periodo sul fronte carsico e poi francese ." [6]
     Secondo Ungaretti, la vita comprende la morte. L'esperienza bellica della morte quotidiana spinge il poeta-soldato all'amore per la sopravvivenza. Questo elemento tematico appare  essenziale nella poetica ungarettiana così come emerge sia nella poesia "SONO COME UNA CREATURA" [7]  (La morte / si sconta/ vivendo) sia in "VEGLIA" (Ho scritto/ lettere piene d'amore/ Non sono mai stato/tanto/attaccato alla vita). (p.25)    
      Baroncini afferma che la sua poesia è quella : "[…] dell'essenzialità fulminea, dei bianchi eloquenti, cannubio inedito di assenza e presenza, annientamento e affermazione dell'essere, oblio e memoria, percezione del nulla e slancio vitale." [8]
     Leone Piccioni alla prefazione nel libro, oggetto dello studio  che introduco, afferma che "il deserto in cui si muove, s'agita da bimbo e da ragazzo dove colloca i suoi primi fantasmi, è un deserto -  si veda, di continuo, nel suo lessico – pieno di miraggi e di oasi." [9]
     Possiamo dire che la nuova musicalità di Ungaretti nasce dalla sua origine dal deserto. Il deserto ha un senso di silenzio, di vuoto e di morte. È  un luogo pieno di immagini oltre alla sensazione di una profonda solitudine.
   In poche parole, "Ungaretti poteva a ragione scoprire già nella tradizione i precorrimenti (immagini, ricordi, sensazioni) della sua poesia […] ." [10]
    Osserviamo evidentemente tali ricordi nei seguenti quattro canti: IN MEMORIA (p.21), VEGLIA (p.25), SILENZIO (p.33), ed I FIUMI (pp.43-45). In queste poesie, "[…] il poeta Ungaretti scopre se stesso, le proprie origini, la propria psicologia, il proprio pensiero, la propria arte." [11]
     Fin da piccolo, Ungaretti non vive una vita facile. La sua è una vita assolutamente dura. Egli perde il padre quando ha solo due anni. Ogni settimana va con sua madre alla tomba del padre per ricordarlo. Quindi, da bimbo, la sua vita è ben legata ai ricordi.
     In "SILENZIO" (p.33) si nota una vera e propria riflessione sull'origine e sull'influsso del poeta per quanto riguarda il tema fondamentale dell'opera legato ovviamente al tipo della scrittura caratterizzato dagli spazi bianchi.         
     In tale poesia, Ungaretti descrive Alessandria d'Egitto, città natale del poeta, come una città piena di sole in un silenzio assoluto dove si sente il limio delle cicale. ( Nel cuore durava il limio/ delle cicale/ Dal bastimento/ verniciato di bianco/ ho visto/ la mia città sparire).
    Egli ricorda la sua terra nativa e la avvicina al doloroso presente.
      "Domina anche  qui la presenza lancinante del sole, di cui nell'anima rimane il ricordo nell'assordante suono delle cicale e negli occhi il bianco della nave." [12]
     Il Silenzio è un ricordo di un passato strabiliante e gioioso che riemerge sullo sfondo buio del presente drammatico. È come una luce nel buio. 
     "[…] Egli ha sempre mantenuto un caro ricordo: di uomo legato alla città che lo ha visto nascere e crescere; di poeta che ha trovato, nei paesaggi che la cingono, i primi temi d'ispirazione (il deserto con i suoi figli beduini, i miraggi), […] ." [13]
      I ricordi di Ungaretti penetrano non solo nella sua mente, ma anche nel suo cuore. Lo accompagnano in tutti i momenti e non se ne distaccano mai nel corso della sua vita. Tali ricordi non sono provvisori. Infatti, vivono dentro di lui fino alla sua morte.
    I ricordi ungarettiani hanno un significato più ampio di quello che immaginiamo nella parola stessa. Essi hanno un significato profondo  così come le sue parole semplici trovate nelle poesie ermetiche: parole considerate brevi e semplici, ma comprendono un senso profondamente denso ed una grande sensazione umana.
      Nella poesia intitolata "SILENZIO" (p.33), il poeta parla della sua appartenenza e tratta il suo ricordo nostalgico della sua terra natia: Alessandria d'Egitto. È una poesia nostalgica e autobiografica per eccellenza. 
      Il poeta ricorda il passato lieto nel presente infelice. È, senz'altro, una contraddizione poetica assai evidente fin dall'inizio. Sulle alture del Carso durante i combattimenti scrive tal ricordo, iniziando con (Conosco una città) (p.33), Alessandria d'Egitto che rappresenta la sua terra natia.
     Il ricordo ungarettiano in questa poesia è molto profondo e affettuoso. Il suono delle cicale penetra nella sua anima quotidianamente. È una nostalgia armonica, emotiva e continua per tutta la vita del poeta. La sua conoscenza della città, dove nasce e cresce, vive dentro di lui e cresce con il passar del tempo.
     La visione, la conoscenza decisiva, il suono e il color bianco della nave costruiscono un aspetto molto importante nel corso della narrazione poetica di Ungaretti. Egli vive, non sente; conosce, non sa da  nessuno; e finalmente sente il suono che si ripete nelle sue orecchie. Questa profondità e densità è molto precisa, descrittiva, numerosa di dettagli: suoni, colori e luci.
     L'esordio de "Il Porto Sepolto" è la poesia "IN MEMORIA" (p.21) in cui il poeta ricorda il suo caro amico che "S'è ucciso. Sul comodino aveva posato la sigaretta. L'anno trovato morto, vestito, steso sul letto, sereno, sorrideva. Hanno trovato la sigaretta spenta sul comodino. Aveva distrutto tutte le sue carte, manoscritti di novelle e di poesia, nel più puro francese […] ." [14]
      Il ricordo di Mohamed Sceab non è casuale o capita improvvisamente secondo le circostanze. Però, possiamo dire che l'amico, per Ungaretti, vive ancora e vivrà per sempre nel cervello e nel cuore. Racconta, con dei termini ben selezionati e delle parole assai semplici e dei versi molto brevi e significativi, Mohamed Sceab e dichiara la sua provenienza e il motivo di suicidarsi.
     Ungaretti vuole non solo ricordare e raccontare poeticamente il suo amico, ma ha l'intenzione di andare al di là di questo. Egli parla esplicitamente del suo amico Sceab, il primo arabo nella poesia italiana, e vuole commemorarlo per tutta l'umanità. 
      Sono tanti e precisi gli aspetti che testimoniano la condizione e l'esistenza del suo caro amico: il titolo stesso della poesia "IN MEMORIA" (p.21) e poi il sottotitolo con il luogo e la data della scrittura del canto. 
     Oltre a ciò, il ricordo del nome della via (a Parigi / dal numero 5 della rue des Carmes) e (riposa nel camposanto d'Ivry sobborgo). (p.21). Il nome della via, dove abitano insieme tutti e due, e quello del cimitero, dove è sepolto Sceab, forniscono gli elementi essenziali di una testimonianza efficace e reale nella storia e nella memoria dell'umanità intera. 
    Il poeta vuole accennare il destino di chi ha l'intenzione di vivere e interagire in un'altra cultura. Sceab mutando il suo nome in un altro francese, Marcel, non si sente un cittadino francese e non può cantare le sue sofferenze come Ungaretti per salvarsi. Per il poeta scrivere poesie è uno sfogo interiore dello spaesamento e delle amarezze della vita. 
     Si può notare un'altra tematica assai importante la quale riguarda l'umanità e il destino delle persone. Dalla poesia intitolata "IN MEMORIA" (p.21) Ungaretti desidera veramente rendere eterno il suo amico di cuore. E lascia a tutte le prossime generazioni mettere luce alla sorte e al costo di chi vuole vivere in un'altra patria. Il costo è perdere la propria vita. 
       "[…] e il ricordo dei miei giovani compagni che furono suicidi, sono ricordi che mi rimarranno sempre nella mente tra gli stimoli più commoventi del mio animo ." [15]
      Ultimamente, tale tematica (l'immigrazione) è attualissima e assai presente e ci sarà per sempre sulla Terra: l'integrazione di migranti si ripete fino ai nostri giorni d'oggi. 
       "[…] una testimonianza sulla crisi della civiltà che saranno preoccupazioni ungarettiane maturate più tardi ." [16]
      Bisogna accennare che Ungaretti stesso fa il percorso migratorio ma non ha lo stesso destino di suicidarsi, essendo un poeta e sapendo mettere le sue emozioni nella scrittura oltre a ritrovare la propria patria d'origine.     
      Ungaretti riesce ad eternare con le sue parole poetiche il suo amico dicendo (forse io solo / so ancora / che visse). (p.22). Infatti, è una testimonianza drammatica che rimane nella memoria dell'umanità e nel frattempo convive con il poeta.
      La poesia intitolata "VEGLIA" (p.25) testimonia la condizione umana drammatica della Prima Guerra Mondiale. Essa tratta il ricordo di un compagno del poeta in trincea da una parte e dare luce al destino che l'uomo riceve a causa delle cattive abitudini da un'altra parte. 
      In tale poesia, Ungaretti mette in risalto il tema bellico attraverso l'esperienza tragica  della Guerra e il contatto quotidiano con la violenza e con la morte. Il suo compagno viene ucciso durante un combattimento. Anche questo compagno resta e vivrà nel cuore del poeta tutti i giorni. Questa volta, resta con il cadavere sulla terra senza averlo ancora sepolto per mettere in evidenzia una sorte che riguarda tutti gli uomini soprattutto nei momenti della guerra.
       "[…] si introduce il tema bellico, che farà pensare al diario di guerra, dell'esperienza in trincea. Il nuovo scenario irrompe e s'accampa drammaticamente ancora sotto il segno della morte: e ancora una volta ad essa il poeta oppone l'esperienza, la consolazione, la vita della scrittura […] ." [17]
      Tali momenti vengono creati dagli uomini e sono loro che ne pagano le conseguenze. Il cadavere insepolto mette luce e la maggior concentrazione dei lettori a queste azioni tragiche e alle sofferenze umane. Egli usa delle parole semplici, ma che riflettono la tragedia e il suo peggior stato d'animo. 
       Fra gli elementi della natura in questa poesia è la luna, anzi la luna piena ha un senso profondo nell'indizio ungarettiano. (Volta al plenilunio) (p. 25) è un modo di fare la testimonianza temporale della morte feroce del suo amico. 
      Questa scelta del momento è preciso per evidenziare che tutta l'umanità passa a questa sorte cioè alla morte. La morte è un concetto tragico e un destino per tutti gli uomini. Però, la morte del compagno è feroce a causa di un fatto umano: la Guerra, i combattimenti. La luna piena diede luce non solo al cadavere di Ungaretti in quel momento ma a tutta l'umanità. La luna diventa in un certo momento completa con le sue luci perfettamente luminose e poi se ne va e gira e rigira così come il destino degli uomini che, in un certo momento, se ne vanno e muoiono e vengono sepolti. La vita muta sempre, non è mai intatta.
    La parte finale della poesia rispecchia il valore della vita, il significato della vita da parte del poeta. Egli dice: (non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita). (p.25). Essa riflette, quindi, la natura degli esseri umani che non può comprendere certe cose o certe emozioni o certi sensi della vita, solo dopo essere perduti.
     C'è da accennare infine che il titolo "VEGLIA" (p.25) rispecchia il sentimento turbato nell'anima del poeta. La veglia agitata e non è mai considerata temporanea o provvisoria, ma è dura e continua nella mentalità e nel cuore di Ungaretti. 
      Il suicidio del suo amico Sceab e  la morte del suo compagno in Guerra riflettono le condizioni dure della morte e che prima o poi tutti saranno massacrati e suicidati e la luna piena, con le sue luci, testimonia questo pensiero poetico assai nobile.
     L'appartenenza di Ungaretti non è solo alle persone care inserite nel suo cuore, ma anche alle sue terre su cui vive una vita non facile. La sua è una vita piena di sofferenze ed è legata proprio alle persone con cui ha un rapporto caloroso e affascinante. 
     In questo caso, lui è un testimone vero e proprio delle due vicende dolorose. Non può salvare né l'uno né l'altro. È un dolore rigoroso. Racconta, ricordando dei sentimenti e delle emozioni con delle espressioni e dei termini di tristezza poiché perde i due suoi cari e non possono ritornare alla vita. 
       È una disperazione che gli fa ricorrere all'uso di certe parole semplici perché egli scrive nel momento della Guerra e nel frattempo sono ben significative. 
      Sentito il valore della vita e forse anche così come quello della poetica narrativa perché la morte è un momento naturalmente triste che diventa contro l'esistenza, contro la vita e contro la continuità. La morte è un segreto nella nostra vita così come la poesia ungarettiana. 
      È una testimonianza per dire che questo amico, il cittadino del mondo, non sopporta lo spaesamento e si suicida e l'altro invece muore  tragicamente. È  la miglior documentazione nella storia dell'umanità  delle due vicende.
      L'identità ungarettiana è formata e ben legata a questa appartenenza alle sue terre, a tutte le sue esperienze tanto che vive per lunghi periodi in tre continenti: l'Africa, l'Europa e l'America del Sud.
       Dall'alto della collina di Cotici, guardando il fiume dell'Isonzo, Ungaretti scrive "I FIUMI" il 16 agosto del 1916 (p.43). Tale poesia si considera la più importante nel percorso ungarettiano nella vita perché ricorda i quattro fiumi i quali rappresentano le tappe della sua vita usando propriamente una tecnica narrativa tipica del flashback di un racconto breve così come i suoi versi prevalentemente brevi. 
       "[…] il poeta presenterà sempre i fiumi come la propria carta d'identità […]." [18]
     Essi riassumono le fasi che lo formulano come un uomo saggio o un poeta. Il ricordo è caratterizzato dalle tracce narrative tipiche di un racconto: l'uso dell'io narrante, la tecnica del flashback ed i simboli metaforici che riflettono l'autobiografia del poeta. Tutti questi elementi rendono la poesia più narrativa reale di un vero e proprio racconto da cantare.
      Praticamente nel mezzo del racconto poetico, dopo aver iniziato con le sue azioni, i suoi movimenti della mattina, usa il passato compiuto per l'avvicinamento all'attuale presente.
        L'ordine normale e adeguato alle fasi della vita del poeta riflette la precisione narrativa del suo racconto: dalle origini, dalla nascita, passando alla formazione culturale a Parigi fino all'Isonzo, in Friuli Venezia Giulia. I fiumi, ognuno ha un ruolo nella sua esistenza di persona o di poeta. Figura i fiumi come se fossero le persone che lo fanno nascere e crescere: (mi ha visto, nascere e crescere) (p.44). 
      Egli usa l'elemento deittico (Questo e Questi) per indicare che questi quattro luoghi riferiscono come un collegato positivamente sotto forma di coincidenza, inclusione e vicinanza. "Avvalorano inoltre la sostanza diaristica e documentaria del libro "[19]
     Oltre a voler risaltare la testimonianza del luogo della sua esistenza, ogni fiume ha un proprio ruolo nella formazione del poeta: il Serchio riferisce alle origini, la terra degli antenati; il Nilo riferisce alla sua nascita dai suoi genitori ad Alessandria d'Egitto; la Senna riferisce alle persone o meglio dire i letterati che esercitano influenza su di lui; e alla fine l'Isonzo che lo sta guardando come se fosse un amico per raccontargli la sua storia e la sua esistenza. 
       "[…] è una poesia che tutti conoscono ormai, è la più celebre delle mie poesie: è la poesia dove so finalmente in un modo preciso che sono un lucchese, e che sono anche un uomo sorto ai limiti del deserto e lungo il Nilo. E so anche che se non ci fosse stata Parigi, non avrei avuto parola; e so anche che se non ci fosse stato l'Isonzo non avrei avuto parola originale." [20]
       Le acque dei fiumi di Ungaretti simboleggiano ovviamente l'elemento essenziale della vita dell'essere umano in generale e le esperienze del poeta, attraverso il ricordo dei quattro Fiumi legati alla sua anima, in particolare. In un altro senso, egli non è in grado di vivere senza il sentimento caloroso accompagnato per sempre da tali esperienze che lo formano.
       I quattro fiumi che il poeta ricorda nella poesia hanno un significato per lo più della volontà nella vita da un lato e delle numerose esperienze caratterizzate da una grande amarezza da un altro lato.
          Posso dire, alla fine di questa sezione di studio, che i ricordi degli amici, delle persone e dei luoghi arricchiscono le tematiche della poesia e costruiscono evidentemente la vita di Ungaretti: Vita di un uomo.

2.    Aspetti strutturali
    In questa parte del mio studio, verranno trattate le caratteristiche de "Il Porto Sepolto" da un punto di vista strutturale. Ungaretti riesce a modificare i versicoli della poesia italiana nei primi anni del Novecento. Egli distrugge i canoni della struttura poetica italiana a quell'epoca. La struttura modificata dal poeta nella poesia italiana rende difficile e ambiguo il significato al lettore.  Il poeta è un testimone vero e proprio della ferocia della Prima Guerra Mondiale (luglio 1914 - novembre 1918) e vuole segnalare all'umanità, con delle parole semplici, significative e allusive, i danni inferti dai combattimenti sia sull'animo che sul territorio.
      "Dall'esperienza della guerra nascono le liriche del Porto Sepolto (la prima è datata 22 dicembre 1915) come esatto ed asciutto diario cronologico-spirituale, testimonianza umana e poetica di una riconquista: quella del canto, della parola sillabata."[21]
      La poetica ungarettiana è generalmente considerata autobiografica, incentrata su qualche aspetto dell'esistenza del poeta stesso, sui suoi sentimenti, sulle sue emozioni, sulle sue esperienze di vita e sui suoi dolori. Quindi, non è una poesia astratta, ma è la poesia dell'uomo, della sua esistenza concreta.
      "[...] la storia della sua poesia non sarebbe stata altro che un diario, la storia della propria vita, un'autobiografia scritta, pur d'impeto, sempre, e di necessità."[22]
      È  una scrittura poetica caratterizzata da un filone diaristico legato all'esperienza bellica a partire dalla maggior parte dei titoli. In ciascuna poesia, in calce al titolo, vengono scritti il luogo e la data esatta della scrittura.  L'ordine delle poesie non asseconda alle date della scrittura né ai luoghi in cui sono scritte.
     "l'esibizione di indicazioni di data e luogo in calce ai testi può paradossalmente convivere con - e anzi favorire/legittimare - una estrema rarefazione degli indici di situazionalità  all'interno delle poesie ."[23]
     Le indicazioni della data e del luogo in cui vengono scritte le poesie rappresentano una dimensione extratestuale. La dimensione è, quindi, uno spazio-temporale molto precisa. A livello formale il genere poetico-lirico dell'opera è di un diario in versi.
     Ogni poesia ne "Il Porto Sepolto" è scritta con l'indicazione di una sola data e il lettore praticamente pensa che la composizione si realizza in una sola giornata. Infatti, vediamo alcune poesie in calce hanno la stessa data. Dunque, le date sono quasi casuali. In alcuni casi, le indicazioni diaristiche della poesia non hanno una precisa valenza sia biografica che storica. Il "LINDORO DEL DESERTO" (p.24) ad esempio fu datata il 22 dicembre non ha nessun riferimento alla guerra. Invece, "VEGLIA" (p.25) è datata in trincea il giorno successivo dopo un lungo periodo di riposo. 
      Possiamo dire che il diario in versi del poeta sembra uno stilistico elemento strutturale de "Il Porto Sepolto". Esso rappresenta un racconto poetico delle esperienze del poeta-soldato per cui utilizza la tecnica del flashback come si nota evidentemente in "I FIUMI"."L'importanza le deriva: dal flashback sulle proprie esperienze di arte e di vita a cui dà luogo l'incontro contingente di Ungaretti con l'Isonzo, […] "[24]
     Riguardo alla rottura della struttura ritmica e linguistica, si può dire che penetra il mistero delle cose attraverso la nuova parola poetica del primo Novecento. Dobbiamo tener conto che la sua poesia verte sulla "parola" e non dipende assolutamente dal discorso.      
     Possiamo dire che si tratta di una parola incisa o scolpita come quella sulle tombe o su altri monumenti per commemorare o celebrare persone o avvenimenti.
     Si nota che il poeta si concentra "nel distruggere il verso, nel cercare i nuovi ritmi, prima di tutto mirò alla ricerca dell'essenzialità della parola, alla vita segreta."[25] 
     Dunque, possiamo dire che la sua nuova poesia è caratterizzata  dalla brevità del verso basandosi sulla parola.
      "[...] la scelta di una brevità di verso e di composizione, che dalla tecnica si trasferisce nel linguaggio alla sostanza espressiva con uno scavo nel linguaggio, spinto fino a toccare il nucleo originario della parola ."[26]
     Tale raccolta poetica, caratterizzata dall'uso dei versi brevi e degli spazi bianchi che colpiscono fin dall'inizio, effettua, inoltre, una vera e propria rivoluzione in: punteggiatura, rime, strofe, metro e numero dei versi. Tendeva insomma alla semplificazione della sintassi. Essa è:
     "[…] capace di prescindere del tutto dalla versificazione tradizionale italiana per rifondarne una tutta personale o tutt'al più, di partire a volte da versi regolari italiani solo per frantumarli in più versi brevissimi, che non sono semplicemente versi, quanto nuclei elementare del discorso (pochissime parole o una parola isolata), esaltati proprio dal loro isolamento tipografico."[27]   
      Lo spazio bianco tra le strofe  dà una visione estremamente drammatica al lettore in alcune poesie. Il lettore dovrebbe avere una pausa per poter continuare la lettura. Ad esempio, in "VEGLIA" (p.25), la poesia è divisa in due strofe. La prima racconta la scena drammatica del cadavere-amico del poeta. Ungaretti scrive lettere piene d'amore. La seconda strofa raccontò in tre versetti l'attaccamento del poeta alla vita. Tra  il dramma e il valore della vita o meglio dire la bellezza di essere sopravvissuti dovrebbe pensarci mediante gli spazi bianchi.
     "[…] spezzare il metro significava, per Ungaretti, isolare la parola, la sillaba meglio, lasciarla vibrare - come straniata dal suo logoro uso quotidiano - nel vuoto metrico, nello iato della distassia, come fosse pronunciata per la prima volta, come se tornasse, […]."[28]     
     La brevità dei versi riflette spesso l'oscurità e l'incomprensibilità. La parola poetica appare sempre in una posizione di assoluta centralità. Rifiuta la lunga narrazione e impiega parole semplici e versi brevi. Una sola parola può costituire un verso per esprimere lo stato d'animo del momento. Baroncini dice in questo ambito che "Egli ha rinnovato in maniera radicale il linguaggio lirico italiano. Ha inventato profondamente il linguaggio poetico con l'abolizione della punteggiatura, la disarticolazione sintattica, la frantumazione del verso in nomadi verbali rarefatte sino al silenzio. Così sillabata, staccata in pause e come sospesa nel vuoto [...]"[29] 
     La brevità non riguarda solo i versi ma anche i blocchi di versi, le strofe. In "MALINCONIA" (p.37) troviamo la parola "Mondo" che costruisce un solo verso e anche un'intera strofa. 
     Una sola parola nella poetica di Ungaretti è in grado di comporre una visione completa del poeta nei riguardi della nostra vita. Inoltre, troviamo in "FRATELLI" (p.39) una sola parola che ha la stessa funzione precedente. 
      "Si sa che tra la parola e ciò che si vuol dire c'è sempre un divario enorme, anche quando magari sembri piccolissimo. [...] Dirò dunque che cercavo l'approssimazione meno imprecisa, la riduzione, per quanto possibile, di quel divario ineliminabile."[30]     
      Da Mallarmé, Ungaretti prende la frantumazione metrica e sintattica con l'uso dei bianchi che assumerono importanza e colpirono dall'inizio, o alla prima lettura.   
      Baroncini afferma che "l'eloquenza dei bianchi che accentuano l'assolutezza della parola circondandola di silenzio risale a Mallarmé" [31]
      L'influsso di Mallarmé è evidente nella forma e nel mistero della parola. La poesia deve avere un segreto.
      La brevità dei versi rimanda anche all'Haiku giapponese divulgato in Italia dalla rivista "La Diana" diretta dal suo amico Gherardo Marone.
      Dai silenzi di Mallarmé e dall'abisso di Baudelaire nasce la poesia ungarettiana e tenta di illuminare l'oscurità ed esplorare un mistero inafferrabile.
     Gli spazi bianchi nelle pagine dei componimenti poetici del poeta colpiscono fin dall'inizio ciascun lettore. Quindi, le parole sono isolate e circondate da un mistero, dal pieno e dal vuoto, dalla presenza e dall'assenza, dall'essere e dal nulla.
     "I bianchi in effetti, assumono importanza, colpiscono fin dall'inizio; la versificazione li pretese, come silenzio intorno, in modo abituale [...]" [32] 
     Ungaretti utilizza dei versi spezzati. I futuristi sono i primi a spezzare i versi. Marinetti nel Manifesto dei futuristi esalta la distruzione della sintassi, l'immaginazione senza fili, le parole libere. Tutto questo lo notiamo ne "Il Porto Sepolto" in particolare la disarticolazione metrica della sintassi, l'assenza della punteggiatura e l'uso insistito dell'analogia.
     Le poesie sono suddivise in blocchi di versi. Tra questi blocchi esistono degli spazi bianchi che causano delle pause al lettore per l'ammirazione, pensando a questi blocchi di storie piene di vicende umane.
     La punteggiatura assente - ma si esclude la presenza di pochi interrogativi - crea un'atemporalità. Infatti, la presenza della punteggiatura crea un ritmo del tempo e la sua assenza sembra un segno dell'immersione in un tempo diverso, infinito e assoluto. 
     La funzione della punteggiatura si riassume in spaziare e ritmare il pensiero del poeta. La distruzione della punteggiatura implica la volontà di dissolvere il tempo quotidiano e di inserire le immagini poetiche in una atemporalità in assoluto. 
      Infatti, la mancanza dell'uso della punteggiatura nei versi, eccetto in pochissimi casi, provoca un'incomprensibilità oltre al mistero perché manca l'intonazione e la melodia dell'enunciato. La poesia non ha le variazioni di tono e non distingue i tipi di frasi diversi: dichiarativa, interrogativa, oppure imperativa ed i valori illocutori relativi.
    "Sul piano interpuntivo, i componimenti di Ungaretti si caratterizzano sin d'allora per l'assenza dei normali segni d'interpunzione (virgole, punti...). Cadono i punti necessari sul piano tonale. Sono dei segni interpuntivi che provocano l'intonazione. Si tratta di una sommersa potenzialità del tutto implicita e mentale ."[33]
     In altre poesie, troviamo la mancanza dell'uso del punto interrogativo. In "A RIPOSO" (26), ad esempio, non si usa perché si tratta di un invito da parte del poeta per andare nei campi. Quindi, può darsi che si tratta di una convocazione a una passeggiata all'inizio della poesia.
    Si osserva che, dal punto di vista formale, le maiuscolizzazioni tendono ad evidenziare i sottintesi punti fermi. Quindi, ogni componimento poetico è preceduto da un titolo le cui lettere sono maiuscole e un sottotitolo per evidenziare la data e il luogo della scrittura.
     Leggendo queste liriche, sentiamo una lentezza estrema causata dalle singole parole. Egli distrugge la punteggiatura e si affida alla forza evocatrice della parola che costituisce una illuminazione della realtà umana. Non è una illuminazione completa perché, secondo Ungaretti, rimane sempre un segreto.
     In effetti, le lettere maiuscole attirano l'attenzione e fanno pensare a lungo il lettore. Si usano anche le maiuscole con la stessa funzione all'inizio di ciascuna strofa.  
    Alla fine di questa parte, vorrei parlare dell'ordine delle poesie che ha, senza dubbio, un significato profondo: la poesia d'incipit e quella d'explicit appaiono come due dediche ai suoi due carissimi amici.
    "La calcolata organicità della costruzione e distribuzione dei testi colpisce innanzi tutto: precede una dedica "in morte del fratello Moammed Sceab" In memoria, chiude l'invio: "Gentile/ Ettore Serra ."[34]
      Le due prime e ultime poesie dell'opera riguardano delle questioni di poeticità. Nel mezzo dell'opera si sentono delle memorie d'infanzia, dei sogni, delle speranze e anche delle illusioni.
     Il poeta Ungaretti ha il talento di sfogarsi attraverso la scrittura poetica invece del suo amico. Sceab non è capace di integrarsi nella società francese. Questa poesia rappresenta non solo l'inizio della poetica, ma anche il destino sofferente delle persone immigrate. 
     È una crisi di integrazione. Il suo amico non è morto in guerra, ma in un vicolo parigiano. Ungaretti vuole iniziare la sua opera con una dedica in morte dell'amico per mettere in evidenza sin dall'esordio il problema della morte, una delle tematiche principali dell'opera.

3.    Lingua e parola
     In questa sezione del mio studio, parlerò delle caratteristiche che riguardano le novità poetiche del capolavoro del poeta Giuseppe Ungaretti sia a livello della lingua che a quello della parola.
    "Il Porto Sepolto" viene scritto durante i combattimenti della guerra per cui "induceva Ungaretti a riflettere sull'invecchiamento della parola poetica e di conseguenza, sulla necessità di un rinnovamento del linguaggio." [35]
     Ungaretti nella poetica de "Il Porto Sepolto" racconta, attraverso i versi caratteristici del movimento ermetico, i vari momenti drammatici occorsigli, ricordandone tutti i particolari e tutte le emozioni suscitati, caratterizzati dalla contrapposizione tra la speranza e la delusione, tra la vita e la morte, tra la luce e il buio. I suoi versi usano un linguaggio particolare in cui la parola poetica appare come avvolta da un segreto inesauribile.
     Il significato della poetica ungarettiana sembra difficile, ambiguo e oscuro per il lettore che legge per la prima volta senza sapere benissimo in quale contesto storico, culturale e tematico viene scritta. 
     La linguistica, però, è semplice e spontanea. Egli propone una poesia con difficoltà e oscurità solo nel significato. La difficoltà sorge da numerose complicatezze psicologiche e dalla novità strutturale delle poesie.
              Ungaretti vede che la poesia è poesia quando porta in sé un segreto. Se è  
         decifrabile nel modo più elementare non è più poesia. Anche la poesia  che 
         pare semplice è una poesia che contiene un segreto con difficoltà da scoprire.
     A questo proposito, IL PORTO SEPOLTO (p.23) alla prima lettura non si capisce a quale porto indica il poeta neanche il rapporto tra quel porto e il contesto storico, ma comprendendolo, il significato della poesia diventa più semplice: si riferisce al porto di Alessandria d'Egitto dove il poeta nasce e vive la sua infanzia. 
     La vita nel deserto è in effetti oscura così come il linguaggio del poeta. Il mondo desertico ungarettiano è considerato come un'invenzione dell'uomo e il punto d'appoggio sarebbe il mistero che c'è in noi. 
     La parola del poeta in questo senso tende a suonare di silenzio nel segreto dell'anima umana come ad esempio nella poesia intitolata (LINDORO DI DESERTO) in cui le parole suonano in un silenzio: (Dondolo di ali in fumo/ mozza il silenzio degli occhi). (p.24).
     In tale poesia, il poeta soffre in trincea nel deserto. Il silenzio degli occhi è una sinestesia, occhi immersi nella tenebra e non si vede nulla, ma si affianca l'udito. Nello stesso tempo si aspetta il momento dell'alba.
     "Il Porto Sepolto" racconta poeticamente l'esperienza di Ungaretti durante la Prima Guerra Mondiale. Il poeta registra le sue sensazioni, i suoi ricordi, le sue riflessioni, le sue origini, la sua identità e la condizione umana a quel periodo orribile. 
      La poesia ungarettiana " […] si volge, sin dall'inizio, verso quel punto, quel nome, nel quale la ricerca dell'interno (del profondo, del sepolto, dell'innanzi nascita) converga con la quete dell'oltre, con l'esodo: il viaggio verso il "dentro", l'identità, e verso l'alterità, l'ulteriorità […] di memoria e oblio, della parola alle radici dei significanti […]" [36]
      La parola poetica del poeta ha una prospettiva verticale e orizzontale. In "Il Porto Sepolto" Ungaretti scava negli abissi delle sue origini e del suo "dentro". Si tratta di una discesa in profondità dalla quale riemerge tornando alla luce. Esso è un movimento in maniera verticale. 
      Possiamo notare nella poesia precedente "IN MEMORIA" (p.21) la parola (discendente) con lo stesso movimento e coincide con il senso semantico della raccolta. In questa poesia, il movimento è in maniera orizzontale: di luogo in luogo. Il tema della morte o del suicidio del suo amico Sceab che vive a Parigi senza patria e senza lingua materna è essenziale nella poetica. 
     Ungaretti registra anche in "VEGLIA" (p.25) l'essenza della vita. L'orrore della guerra non elimina la vitalità del poeta. In altre poesie, come "LINDORO DI DESERTO" (p.24), "FASE D'ORIENTE" (p.27), "TRAMONTO" (p.28), "MALINCONIA" (p.37), "LA NOTTE BELLA" (p.48), e "ATTRITO" (p.52), il poeta esalta la vita.
     Il poeta non registra le azioni belliche in tante poesie. Ne troviamo soltanto in "VEGLIA" (p.25) e "PELLEGRINAGGIO" (p.46). Nella prima poesia il poeta passa la notte accanto a un cadavere per cui scrive all'ultima strofa:
ho scritto
lettere piene d'amore (p.25)
     Ungaretti si sente la necessità di scrivere. Nella seconda poesia camminando tra le trincee, il poeta scrive:
ore e ore
ho strascinato
la mia carcassa
usata dal fango (p.46)
    Sono pochissimi i versi de "Il Porto Sepolto" che conservano i metri tradizionali come  (sciogliere/ il canto) (p.21)  è un quinario e (Fra l'aria/ del meriggio) (p.32) è un settenario.
     Fra gli aspetti linguistici va ricordato l'uso del sostantivo assoluto sia astratto sia concreto senza un articolo e in particolare quello determinativo. Lo osserviamo nella poesia d'incipit de "Il porto sepolto" "IN MEMORIA" (p.21): (emiri di nomadi/ mutò nome/ appassito vicolo in discesa); "LINDORO DI DESERTO" (p.24) (Dondolo di ali in fumo/ Sino alla morte in balia del viaggio/ in braccio mi sporgo/ di lind'oro) notiamo questa omissione dell'articolo nel titolo. Questa tecnica caratterizza il linguaggio ermetico e enigmatico del poeta. In vari versi della raccolta, notiamo evidentemente e in modo abbondante l'omissione dell'articolo come in "TRAMONTO" (p.28) (sveglia oasi); in "A RIPOSO" (p.26) (in sorsi d'ombra lilla); in "FASE D'ORIENTE" (p.27) (di germogli di desiderio); in "ANNIENTAMENTO" (p.29) (di verde in verde/ diffuso di grilli/ cuore/ di spinalba/ di asfalto azzurro/ in volo di nubi); in "STASERA" (p.31) (Balaustrata di brezza); in "FASE" (p.32) troviamo nell'ultimo verso questa mancanza dell'articolo (arance e gelsumini); in "PESO" (p.34) (senza miraggio); in "RISVEGLI" (p.36) (di care cose consuete/ gocciole di stelle); in "MALINCONIA" (p.37) (di corpi a pien'anima presi/ Abbandono dolce di corpi/ labbra rapprese/ in tornitura di labbra lontane/ voluttà crudele di corpi estinti/ in voglie inappagabili/ Mondo/ di pupille amorose); in "FRATELLI" (p.39) (Parola tremante/ Foglia appena nata/ Fratelli); in "PELLEGRINAGGIO" (p.46) (Ungaretti/ uomo di pena) e in "LA NOTTE BELLA" (p.48) (di cuore a nozze).
    Oltre alle poesie, si osserva nei titoli l'eliminazione degli articoli. Nella maggior parte dei titoli non troviamo l'uso degli articoli eccetto in pochi casi come "IL PORTO SEPOLTO" (p.21), "C'ERA UNA VOLTA" (p.40), "SONO UNA CREATURA (p.41), "I FIUMI" (pp.43-45) e "LA NOTTE BELLA" (p.48). 
    Si nota anche un abbondante uso assoluto dell'articolo indeterminativo come ad esempio nel primo verso di "VEGLIA" (p.25) (Un'intera nottata); in "C'ERA UNA VOLTA" (p.40) (ha un declivio/ come una dolce/ in un caffè remoto/ con una luce fievole); in "I FIUMI" (pp. 43-45) notiamo questo uso abbondante in (in un'urna d'acqua/ e come una reliquia/ come un suo sasso/ come un acrobata/ e come un beduino/ una docile fibra/ una corolla) e in "PELLEGRINAGGIO" (p.46) lo troviamo in (come una suola/ o come un seme/ ti basta un'illusione/ un riflettore/ mette un mare). 
    "Il porto sepolto" è caratterizzato dallo stile nominale. In alcuni versi non si usa un verbo: in "Lindoro di deserto" (p.24) (Sino alla morte in balia del viaggio); in "DANNAZIONE" (p.35) (Perché bramo Dio?); in "MALINCONIA" (p.37) vediamo una mancanza del verbo alla prima strofa della poesia (Calante malinconia lungo il corpo avvinto/ al suo destino/ Mondo); in "FRATELLI" (p.39) troviamo una strofa intera senza un uso verbale (Parola tremante/ nella notte) e nell'ultima strofa troviamo una sola parola senza un verbo (Fratelli); in "SONO UNA CREATURA" (p.41) nella prima strofa costruita da otto versi, troviamo solo l'uso nominale (Come questa pietra/ del S. Michele/ così fredda/ così dura/ così prosciugata/ così refrattaria/ così totalmente/ disanimata) e in "DISTACCO" (p.53) nelle due strofe troviamo lo stesso in (Eccovi un uomo/ uniforme) e (Eccovi un'anima/ deserta/ uno specchio impassibile).
      Si usa il sostantivo al plurale al posto del singolare. Questo dà un effetto evocativo di generalizzazione e indeterminazione. Tale effetto viene rafforzato con l'omissione dell'articolo.
     La parola di Giuseppe Ungaretti nella raccolta poetica è caratterizzata da molteplici aspetti. Fra questi aspetti, viene in primo luogo, la parola cosiddetta scolpita nel senso incisa. Essa scava nella memoria dell'umanità ed illumina gli aspetti più segreti ed intimi della realtà umana. È come se fosse la luce nel buio.
     Ungaretti scrive nelle trincee. Egli è immerso nel fango e nei rifiuti fra gli animali come i topi e gli insetti e fra i cadaveri insepolti. 
     Infatti, è un'esperienza orribile che ci rivela il rapporto degli esseri umani fra la vita e la morte. La sua è un'esperienza drammatica al fronte: circondato e asfissiato dalla morte.
      La parola di Ungaretti ne "Il Porto Sepolto" è caratterizzata da una semplicità assoluta. Egli scrive in trincea, tra la vita e la morte, usando parole semplici, ma nel contempo significative e intense. Queste parole rispecchiano proprio lo stato d'animo del soldato-poeta in modo preciso ed efficace. Baroncini afferma da "Ungaretti commenta Ungaretti:    
     " [...] io dovevo dire in fretta perché il tempo poteva mancare [...] se dovevo dirlo in fretta lo dovevo dire con poche parole, e se lo dovevo dire con poche parole lo dovevo dire con parole che avessero avuto un'intensità straordinaria di significato.[37]" 
     Ungaretti è in grado di scegliere, in queste circostanze, una parola pregnante e di emergere dalla pagina bianca e dal silenzio per raccontare l'orrore, le sensazioni, il dramma e il sogno. La parola sembra raccontare l'esperienza bellica perché viene scritta mentre egli, poeta-soldato, si trova al fronte. Diciamo nel pieno delle operazioni terribili.
      Quindi, il poeta-soldato Ungaretti scrive ed è consapevole che la sua vita si sarebbe spezzata da un momento all'altro. Proprio per questo tanto più "attaccato/alla vita". (p.25)
      La parola poetica ungarettiana ha il potere di eternare la memoria dell'amico Sceab oltre ad alcuni luoghi. "Il Porto Sepolto" inizia con "IN MEMORIA" (p.21) e finisce in "COMMIATO" (p.58). Nella poesia d'incipit ricorda il suo amico Sceab ed eterna la sua esistenza tramite le sue parole che scavano nella sua memoria così come scavano sulla lapide del defunto. 
E forse io solo
so ancora
che visse (p.22)
      Queste parole poetiche scavano nella memoria dell'umanità non solo nella memoria del poeta. È un tema globale, quello dell'integrazione degli immigrati in un'altra società. E` il caso del suo amico Mohamed Sceab che si suicida perché non si abitua alla vita in Francia. 
       "Il Porto Sepolto" con le sue poesie eterna le persone con cui vive il poeta attraverso il ricordo dei loro nomi e dei luoghi in cui sono vissuti. C'è da accennare che il suo amico Mohammed Sceab è il primo arabo ricordato nella poesia italiana. Anche il ricordo dell'indirizzo dell'albergo dove sta con lui a Parigi. È una novità sul lato della parola poetica. 
       I luoghi nella poetica possono essere testimoni degli avvenimenti gravi di cui racconta Ungaretti. Inoltre le parole poetiche raccontano. Possiamo notare che vi sono delle tracce narrative ben chiare. 
      La parola poetica di Ungaretti è uno sfogo della sua sofferenza. È  una poesia dell'uomo di pena. È, quindi, l'unica via della sua salvezza dalla spietatezza dei comportamenti umani. Egli sa sciogliere il canto del suo abbandono:
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono (p.21)
      La poesia ungarettiana è sorta da una immediatezza nuova e in grado di stupire e di esprimere la verità e realtà vissuta. È una poesia scavata nella memoria dell'umanità che illumina gli aspetti più segreti ed intimi della realtà umana. In altre parole, essa è come se fosse la luce nel buio. Baroncini dice: 
    "La poesia è dunque  discesa nell'abisso, illuminazione dell'oscurità, tentativo di esplorare un mistero inafferrabile" [ ... ]   [38]
       In "COMMIATO" (p.58) si sente anche evidentemente il concetto della parola scavata: 
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso
      Queste parole nascono dal cuore e si scolpiscono nella mente del poeta come epigrafi su un granito molto duro. Ungaretti all'epoca pensa con Serra di stamparle in forma epigrafica. 
     Lo scenario del funerale o del ricordo degli amici o dei luoghi ungarettiani è ben legato alla parola scavata così come alla pietra che è una sintesi della memoria. 
     "Quelle poesie nate dal cuore, mi si scolpivano nella mente, parola per parola, come epigrafi, e come in un granito durissimo." [39]
     Non è una parola normale, ma scava nell'animo del poeta così come nel lettore. Anche se la brevità è una delle caratteristiche fondamentali della poesia ermetica ungarettiana, essa riesce a lasciare tracce  nell'animo del lettore. È una parola insolita sul terreno della lingua e della tradizione italiana. Appare matura e improvvisa. La parola colpisce fin dall'inizio. C'è da dire che gli spazi bianchi aiutano a realizzare questa sensazione.
      Si sa "che il primo Ungaretti, sulle orme di Mallarme', è continuamente alla ricerca della parola essenziale. La ricerca della parola nucleare è per lui strettamente legata alla ricerca del ritmo del suono."  [40]
       Egli deve dire in fretta e in poche parole. Tale parola ha anche un'intensità straordinaria di significato. Il poeta sceglie con accuratezza e attenzione ogni parola. Per lui l'asciuttezza del linguaggio si deve sposare alla precisione lessicale. È una poesia versa sulla scelta della parola intensa e scolpita.
      La parola può emergere dallo spazio bianco ed essere sillabata come se fosse nuova. Sembra come fosse pronunciata per la prima volta.
      La parola scavata è caratterizzata dall'intensità. Il poeta scrive mentre si trova in trincea. Cerca una parola intensa densa di significato.
      "La parola intensa si osserva. L'uso di poche parole piene di significato che dessero la sua esperienza di quel momento."  [41]
        La "VEGLIA" (p.25) rappresenta il capolavoro di intensità espressiva ed emotiva che raggiunse il vertice dell'arte del silenzio. 
       In questa poesia ci colpisce la parola scavata, lapidaria e scolpita. La visione funebre si trasforma in un inno straordinario alla vita.
       Possiamo dire che la parola non c'è ancora. La guerra rivela il linguaggio. È un linguaggio scarno, fulmineo, nudo e estremamente intenso. Ungaretti dice:
"le mie prime preoccupazioni furono di cogliere la parola in istato di crisi, di farla con me soffrire, di provarne tutta l'intensità, di alzarla come una ferita di luce nel buio."  [42]
     La scrittura di carattere frammentario e momentario è sorta nell'orrore della trincea e in mezzo agli uomini soli in un paese nudo, terribile e di pietra. Quindi, emergono il senso e il bisogno di una parola straordinariamente assoluta, definitiva e fiorita. Sceglie una parola che è in grado di sorprendere. Daniela Baroncini nel suo saggio afferma che il poeta " Inventa una parola prosciugata, ma non inaridita, risplendente di meraviglia anche nel buio della trincea." [43]
     La parola poetica di Ungaretti assume all'elemento della pietra e alle modalità di restituzione dell'immagine visiva e quindi ha un valore iconico a livello stilistico, oltre a quello tematico.
      Quindi, la parola scavata detta anche incisa si declina su più livelli di senso: dal piano tematico a quello linguistico-sintattico, a quello grafico-visuale.
      La pietra rimanda ad una dimensione immobile, porta fuori dal tempo. Inoltre, ne ricorda il transito inesorabile, tramandando la memoria delle civiltà umane, soprattutto attraverso le rovine e i monumenti funerari. In "SAN MARTINO DEL CARSO" (p.51) il poeta ricorda le rovine:
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
     Le numerose iscrizioni incise sulla pietra dai soldati costituiscono la traccia e la memoria tangibile dei caduti. Per il resto, la natura epigrafica della raccolta poetica è evidente sin dalla poesia d'esordio mediante la dedica in memoria di Mohamed Sceab.
     In (quando trovo una parola/ scavata) l'impiego del verbo (scavare) ne potenzia la natura aurorale e primigenia poiché rimanda ancora una volta al tema dell'iscrizione.
     La parola scavata nella memoria umana così come nell'animo del poeta è legata alla pietra. La pietra viene connessa al concetto di memoria. In "SONO UNA CREATURA" (41) Ungaretti descrive la pietra "fredda", "dura", "prosciugata" , "refrattaria" e "disanimata". In questo componimento la pietra diventa una negazione della vita.
      La pietra potrebbe tramandare l'illusione duratura della nostra presenza sulla terra. La pietra della lapide funeraria e soprattutto la scrittura epigrafica incisa sopra di essa consentono dunque di conservare memoria dell'assenza, opponendo alla dialettica fnito/infinito la dilatazione  indefinita della testimonianza poetica e umana.
       Hans Belting, nel suo studio Antropologia delle immagini, sottolinea il legame tra immagine e scrittura mediante l'iscrizione, rilevando inoltre come alle immagini sia connaturata una contraddizione ineliminabile , ovvero esse rendono visibile l'assenza fisica di un corpo trasformandolo in una presenza iconica. Ciò avviene attraverso un medium-la pietra, il bronzo o la fotografia- che possiede l'unica presenza possibile che è difatti l'assenza del vero oggetto. Questo meccanismo secondo Belting è particolarmente evidente nei monumenti funebri, laddove l'immagine mostra la sua natura precipua di assenza radicale.  [44]
       Il morto è sempre un assente. La morte è un'assenza intollerabile che si vorrebbe colmare per mezzo di un'immagine. Per questo, gli uomini collocano i loro morti in un luogo ben determinato (la tomba) e dato loro, attraverso l'immagine, un corpo immortale.
       C'è da accennare al riguardo che le pietre nell'Antico Egitto sembrano dure nel deserto per assicurare l'eternità della tomba ai defunti ponendo ogni cura nella resistenza d'un nome scolpito e nella durata evocatrice tra i vivi.
       Possiamo dire che si tratta del risalto visivo conferito alla parola scavata nello spazio bianco della pagina. Al di là della valenza spaziale che il segno grafico viene in questo modo ad acquisire sulla carta della lezione mallarmeana e delle avanguardie storiche. 
     Il potenziamento visivo della parola è raggiunto anche attraverso una accentuazione del suo legame con le immagini e dunque del rilievo iconico che assume nel testo.
      La parola epigrafica viene legata alla tematica essenziale dell'opera: la dicotomia del buio e della luce così come l'oscillazione tra la morte e la vita, la delusione e la speranza, la realtà e il sogno. Si deve accennare che il buio ha il sopravvento. Tale binomio richiede l'utilizzo delle parole adeguate sia allo stato d'animo del poeta che alla realtà vissuta con un po' di fantasia.
      Il poeta abbonda il lessico con il riferimento alla dicotomia principale dell'opera. Egli utilizza sostantivi per mettere in evidenza la morte. A questo livello lessicale, ricordiamo delle parole come "morte, buio, camposanto, fumo, sonno, notte, ombra, cenere, nuvole e tenebre". 
      Per quanto riguarda l'uso dei sostantivi che fanno riferimento alla vita, osserviamo (vite, acqua dei fiumi, luna, sole e stelle). Ungaretti sente l'armonia con la natura e ne parla per esaltare il valore della vita e ovviamente per liberarsi dalla gravità della guerra.
      I verbi utilizzati rispecchiano evidentemente la morte e la vita, di cui ricordo (suicida , vivere, riposa, visse, ho vissuto, vivendo, nascere, illuminarsi). 
      Gli attributi sono realmente adeguati all'uso duplice dell'oscurità e dell'illuminità. Egli ricorda: (massacrato, digrignata, morto). Questi participi passati sono usati con funzione aggettivale.
      I versi ungarettiani sono scarni ed essenziali. Appaiono sempre in una posizione di centralità.  
       La scrittura poetica ungarettiana risulta influenzata anche dal futurista Marinetti attraverso "[...] la disarticolazione metrica della sintassi, l'assenza di punteggiatura, l'uso dell'analogia."  [45]
    Infatti, l'uso del laconismo ha un valore semantico nella poesia ungarettiana. 
    "L'estrema laconicita` di questi versi potenzia la parola mostrando con evidenza la volontà di costruire una partitura del silenzio che non dissolve, ma al contrario racchiude il senso del segreto inesauribile dell'essere." [46]
     La brevità dei versi  "E così si è trovato il mio linguaggio: poche parole piene di significato[...]" [47] 
     Il poeta ricerca la parola  essenziale legata alla ricerca del ritmo, del suono, tant'è vero che "I versicoli di una sola parola peraltro sono uno dei tratti più peculiari ed estremi della versificazione ungarettiana." [48]
     La sua parola non esalta le azioni belliche, non usa dei termini o onomatopee relative alla guerra o ai suoni della battaglia. Il valore dei suoni nelle poesie è essenziale perché abbandonano la metrica tradizionale.
      Le parole che raccontano la morte sono connesse alla vita. Possiamo dire che dalla morte deriva una allegria molto feroce. Esiste un binomio tra sorriso amaro e umanità dolente. Bisogna vivere nonostante tutto il dolore, stringendo i pugni.
      In "ANNIENTAMENTO" (p.29) troviamo un segnale molto evidente per quanto riguarda la parola incisa sulla pietra: 
Ho sulla labbra
il bacio di marmo
      Possiamo dire che Ungaretti usa soltanto le parole necessarie come quelle incise sulle pietre nel senso che non si toglie niente per rendere il discorso oscuro e non si aggiunge nulla per renderlo chiaro. 
    Le parole poetiche di Ungaretti riguardanti le pietre e le acque hanno un significato semantico: sembrano un sollievo dalla fatica, dal dolore e dalla sofferenza delle vicende umane e una testimonianza al dramma della Guerra. Il poeta è estraneo dagli intrighi delle vicende umane. 
      La scrittura ungarettiana è una pratica e una esigenza per sfogarsi. Il pianto del poeta non si scioglie e si pietrifica dentro di lui e rimane in silenzio.
      Nella poesia intitolata "SONO UNA CREATURA" (p.41) e dopo lunghi giorni terribili Ungaretti si contrae in un pianto che è una pietra:
come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
     In questa poesia, il pianto sembra invisibile. Il poeta allude ad un pianto interiore, si pietrifica in una condizione di sofferenza. Avverte un peso fortissimo sul suo cuore. 
      Le parole ungarettiane relative alla notte e al buio sono un emblema alla illusione di un tramonto sulle vicende umane che causano i conflitti. 
      Le altre parole, invece, relative al sole e alla luce danno la speranza della continuazione del ciclo. Corrispondono alla rinascita. Ungaretti cerca sempre di trovare pace interiore nell'immediatezza della sua parola nuda.
      La parola del poeta scava e vaga. È caratterizzata dalla semplicità assoluta di un linguaggio elementare, dall'immediatezza e dalla purezza. È una parola libera-nuda spogliata dell'uso dell'aggettivo per cui essa conserva il suo valore fondamentale e il suo impatto sul lettore. 
      Quindi, evidenzia l'impatto semantico delle poesie eliminando in tantissimi casi l'uso aggettivale. Il poeta a volte preferisce utilizzare il participio passato che ha una funzione statica di attributo e quella dell'azione verbale implicita.
      La Guerra e le condizioni difficoltose inducono a Ungaretti di utilizzare un linguaggio nuovo dopo aver pensato all'invecchiamento della parola poetica. Il poeta narra la sua condizione e la sua sofferenza, usando la parola autonoma e libera.
       L'autonomia e la libertà della parola ungarettiana ne "Il Porto Sepolto" compongono liriche brevi e scarne caratterizzate dalle pause focalizzando l'attenzione sul singolo vocabolo. Sottolineano, quindi, l'impatto semantico poetico.
      Ungaretti usa la parola come segno evocativo, isolata nella pagina bianca e come un frutto di una meditazione interiore dopo il balenare del segno linguistico nella sua mente. La parola diventa come simbolo di un infinito e misterioso abisso che circonda l'esistenza umana.
     La parola scaturisce da momenti di silenzio meditativo. Essa è un'apparizione improvvisa. Questa scelta risale all'esperienza bellica del poeta: deve dire in fretta perché il tempo può mancare in maniera tragica. Prendo un esempio in "FRATELLI" (p.39) in cui il poeta nella seconda strofa dice: (La parola tremante/ nella notte). 
     Quindi, il poeta deve esprimere con poche parole che hanno un'intensità strabiliante di significato. Le poche parole nascono piene di significato che esprimono la condizione del poeta in quel tempo.
    La brevità e l'immediatezza autobiografica de "Il  Porto Sepolto" vengono fuori da qualsiasi disegno e struttura. Si tratta di una rivoluzione della parola: l'evocatività dei bianchi eloquenti e l'essenzialità fulminea. Gli spazi bianchi accentuano l'assolutezza della parola e la laconicità dei versi.
   La brevità, l'immediatezza e la semplicità comunicativa costringe Ungaretti ad usare delle strutture ripetute. Questo è evidente in "IL PORTO SEPOLTO" (p.21); "SAN MARTINO DEL CARSO" (p.51) e "I FIUMI" (pp.43-45).
     La ripetizione sta nell'uso del complemento partitivo "Di", il verbo "restare o rimanere" e il quantificatore che indica esiguità "quel nulla/ qualche brandello/ neppure tanto".  
     In "VEGLIA" (p.25) si sente l'esigenza della scrittura immediata: in una notte nella condizione assai drammatica del poeta vengono scritti dei componimenti che rappresentano l'importanza dell'immediatezza della parola. 
      Bisogna accennare alle parole chiamate vuote come "di" "del" e "e" che Ungaretti  utilizza in moltissimi casi. Egli intende comporre poesie con parole pure fino alle parti più piccole. Queste parole vuote di minime brevità strofiche allentano il ritmo e causano il silenzio.
     Si nota un'armonia tra la parola poetica e la vita. In "I FIUMI" (pp.43-45), ad esempio, troviamo una celebrazione da parte del poeta alla sua identità, alle sue origini e alla sua esperienza vitale. Ungaretti dice:
   "mi avviene in guerra di avere una sorta di carta d'identità; i segni che mi serviranno a riconoscermi […]: sono fiumi,sono i fiumi che mi hanno formato.[…] Questa è la poesia dove so finalmente in un modo preciso che sono un lucchese, e che sono anche un uomo sorto ai limiti del deserto e lungo il Nilo. E so anche che se non ci fosse stata Parigi, non avrei avuto parola; e so anche che se non ci fosse stato l'Isonzo non avrei avuto parola originale." [49]
     Le parole in "I FIUMI" rappresentano le testimonianze dell'identità ungarettiana: la prima testimonianza è l'Isonzo, Ungaretti si riconosce come una fibra rispecchiandosi nelle acque del fiume; il Serchio, la seconda testimonianza che rappresenta la memoria dei suoi antenati toscani e le loro abitudini impresse nei suoi genitori. Riconosce la gente toscana come sua indicando quindi le sue radici; la terza testimonianza dell'infanzia e della crescita del poeta, è il Nilo dov'è nato e cresciuto in Egitto e la Senna, la quarta testimonianza che simboleggia Parigi in cui ha approfondito l'esperienza letteraria, poetica e stilistica.
     Queste parole rispecchiano la molteplicità delle conoscenze profonde e delle esperienze frammentarie del poeta accompagnate da una notevole nostalgia.
     In "VEGLIA" (p.25) è evidente l'uso delle parole semplici ma in contrasto, nel senso che nella prima parte della poesia indicano la drammatica morte del compagno anonimo in una veglia silenziosa, militare, funebre e notturna.    
     Nella seconda parte, invece, indicano la bellezza della vita. Emergono dei sentimenti positivi legati al significato della vita.      
     Le parole ungarettiane ne "Il Porto Sepolto" sono connesse alla morte e al buio. Quindi, sono connesse ai sentimenti negativi e allo stato d'animo del poeta. In "DORMIVEGLIA" (p.42) il poeta scrive:
il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
      In queste parole, si nota che c'è uno stretto rapporto tra le tematiche principali dell'opera: il buio e la morte attraverso la parola che scava nella memoria, usando il termine "pietra". Si tratta di immagini di guerra oltre alle memorie, ai ricordi e alle testimonianze delle vicende.
     La "SONNELENZA" (p.50) assume tratti di conseguenza diretta degli eventi in "DORMIVEGLIA" (p.42). Dunque, rappresenta un punto di incontro con il senso semantico di sonno/notte. Il senso è totalmente opposto in "VEGLIA"(p.25) e "RISVVEGLI" (p.36).
      Le parole ungarettiane tanto scavate nell'anima e nella memoria sono ben legate alla tematica dell'abbandono notturno e del percorso semantico sonno/notte. 
      Il poeta è cosciente del risveglio doloroso sulla sua anima e avrà un impatto sulla notte e sulla sonnolenza. 
     Le parole in "LINDORO DI DESERTO"(p.24) (Sino alla morte in balia del viaggio/ Abbiamo soste di sonno) indicano che Ungaretti si aspetta di morire durante quel viaggio pericoloso. 
     Nonostante il pericolo e la grave sofferenza, c'è una possibilità di riposo durante le soste, quando (Il sole spegne il pianto) o quando la luce illumina la nostra natura per cui si conclude la sofferenza. 
    Il sole o la luce rappresenta la vitalità. Ungaretti abbraccia la luce del sole:
Da questa terrazza di desolazione
in braccio mi sporgo
al buon tempo
    La luce ha un senso semantico: il sollievo e la speranza di un altro giorno senza perderla mai dopo il sonno o il buio.
     Il lessico nella poetica ungarettiana non sembra altisonante, ma i termini utilizzati sono ben scelti ed evocano nel lettore immagini precise. Ogni parola o ogni sillaba ha un grande valore. 
     Ungaretti usa dei sostantivi concreti piuttosto che astratti.
     Per quanto che riguarda gli aggettivi, sono usati in modo limitato sia nei titoli sia nei versi. L'aggettivo "quieto" in "I FIUMI" (pp.43-45) indica una situazione pacifica e calma. Il titolo "LA NOTTE BELLA"(p.48).
     Il lessico ungarettiano ne "Il Porto Sepolto" è dirompente e scandito. Il poeta riesce a cambiare totalmente la poesia italiana. Le parole vengono dette immediatamente.
     Ungaretti ricorda  delle persone care usando il passato prossimo in "MEMORIA" (l'ho accompagnato) (p.21) e in "VEGLIA" (ho scritto) (p.25) per mettere le azioni in vicinanza con il presente e per indicare che dureranno per sempre nella sua anima. 
    Con un particolar stile e con una coincidenza poetica, il poeta ricorda i fiumi: (Questo è il Serchio/ Questo è il Nilo/ Questa è la Senna/ Questi sono i miei fiumi , contati nell'Isonzo). (pp.44-45).
      Anche bisogna accennare lo stile linguistico dell'uso dell'aggettivo possessivo in (I miei fiumi/ di gente mia campagnola/ e mio padre e mia madre) (p.44). In effetti, questo uso indica il riferimento che il parlante fa a sé stesso poiché parla di una sua vera e propria esperienza reale. I fiumi diventano simbolicamente i Suoi, sarebbe solo lui che ce li ha. Essi penetrano nella sua anima. È pienamente una fase d'amore.
      Dal punto di vista sintattico, mette in risalto l'uso del presente alla prima e all'ultima parte della poesia "I FIUMI". E il passato prossimo nel mezzo della storia: (ho ripassato, le epoche/ hanno attinto, duemil'anni/ mi ha visto, nascere e crescere/ mi sono rimescolato/ e mi sono conosciuto). (p.44). 
      Egli usa il presente perché descrive la sua condizione, la sua situazione iniziale e finale precisamente attuale. In altre parole, dà una visione generica del suo stato attuale. E l'uso del passato prossimo da parte del poeta ha una funzione assai particolare. E così come in "SILENZIO", il poeta usa il verbo al presente coniugato con "io" per dare una maggior testimonianza al fatto e alla storia che verrà raccontata. Nell'ultima strofa (ho visto) (p.33) rispecchia al lettore lo stesso valore.
     La sintassi è estremamente semplice e le proposizioni subordinate non sono tante. La coordinazione prevale sulla subordinazione in tutte le poesie. La coordinazione è usata 42 volte nelle 33 poesie. L'uso dei versi spezzati e singole parole nelle pagine bianche richiede un'esigenza necessaria di congiunzioni coordinate.
     Per ricapitolare, potrei dire che la parola scavata di Ungaretti in "Il Porto Sepolto" è ben legata alla vita e alla morte come esattamente all'acqua e alla pietra. È una coincidenza totale tra la consapevolezza e l'ignoranza da un lato e la veglia e il sonno da un altro lato. 
  
Conclusione 
      La poetica de "Il Porto Sepolto" ottiene delle varie innovazioni stilistiche molto evidenti. Ungaretti effettua una rivoluzione poetica ai primi anni del Novecento: la rarefazione della scrittura, la frantumazione dei versi, i vocaboli staccati in pause e sospesi nella pagina bianca. 
     Essa è una poesia che appare come un diario della guerra in versi in cui egli combatte. Il poeta racconta una dura e orribile esperienza, dando una forte soggettività nella narrazione. Contiene, quindi, delle caratteristiche tipiche di un racconto: l'uso dell'io poetante, la tecnica del flashback e l'uso dei tempi all'indicativo che descrivono la situazione piena di amarezze.
    La parola poetica ungarettiana, cosiddetta scolpita, scava nella memoria dell'umanità e illumina gli aspetti intimi e enigmatici della realtà umana. Ungaretti usa una parola scavata senza orpelli. Essa è precisa e essenziale.
    Le tematiche della raccolta sono varie, universali e ripetibili in tutti i tempi. 
    La lingua sembra difficile e oscura per il lettore solo per la prima volta e coincide con le numerose complicatezze psicologiche del poeta. La difficoltà nasce dalla mancanza del sapere il contesto storico in cui vengono scritte le poesie, oltre a quella dell'uso della punteggiatura e alla brevità dei versi.
 
 
  
 
Citazioni

[1] Ungaretti, Giuseppe, Vita di un uomo. Tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni, Milano, Mondadori, 1969, p.23.
[2] Millefiorini, Federica, "Questo corpo che troppo ci pesa: pesantezza e leggerezza nel Porto Sepolto" in Rivista di letteratura italiana, Pisa e Roma, Fabrizio Serra Editore, xxxv, 2017, p.125
[3] Cfr, Baroncini, Daniela, Ungaretti, Bologna, il Mulino, 2010, p.8
[4] Ibidem
[5] Luti, Giorgio, Invito alla lettura di Ungaretti, Milano, Mursia editore, 1974, p. 59
[6] Ivi, p. 61
[7] Ungaretti, Giuseppe, Op., Cit., p.41.
[8] Baroncini, Daniela, Op., Cit., p. 8
[9] Ungaretti, Giuseppe, Op., Cit., XXIV
[10] Pozzi, Gianni, La poesia italiana del novecento – Da Gozzano agli ermetici, Giulio Einaudi editore, Torino, 1967, p.148
[11] S.n. , Anuauario, Istituto magistrale "R. Bonghi", Assisi, Serie II, n. 2, 1982, p. 239
[12] Ivi, p. 241
[13] Papi, Giampaolo, Il primo Ungaretti, Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita editore, 1988, P.28
[14] Forti, Marco, Almanacco dello specchio, Milano, Arnaldo Mondadori editore, 1980,p.26
[15] Piccioni, Leone, Ungarettiana – Lettura della poesia aneddoti, epistolari inediti, Firenze, Vallecchi editore, I edizione, I°gennaio 1980, p.262
[16] Ossola, Carlo, Giuseppe Ungaretti - Il Porto sepolto, Venezia, Marsilio editori, 1990, p.95
[17] Ivi, p.120
[18] Ivi, p.194
[19] Afribo, Andrea  e Soldani Arnaldo, La poesia moderna dal secondo ottocento ad oggi, Bologna, Il Mulino, 2012, p.82
[20] Ungaretti, Giuseppe, Vita d'un uomo-Saggi e interventi, a cura di M.Diacono e L.Rebay, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1974, p. 821
[21] Luti, Giorgio, Op., Cit., p. 34
[22] Piccioni, Leone, Op., Cit., p. 250
[23] Ghidinelli, Stefano, "Genealogia di una forma di genere, Pianissimo di Sbarbaro come diario poetico", in Rivista Enthymema, XIV, 2016, p. 153
[24] Papi, Giampaolo, Op., Cit., p. 19
[25] Ossola, Carlo, Giuseppe Ungaretti, Varese, Mursia Editore, 1975, p. 12
[26] Pautasso, Sergio, Ermetismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1996, p. 68
[27] Ghidinelli, Stefano, Op., Cit., p.55
[28] Ossola, Carlo, Op., Cit., p.24
[29] Baroncini, Daniela, Op., Cit., p.13
[30] Ungaretti, Giuseppe, Op., Cit., p.837
[31] Baroncini, Daniela, Op., Cit., p. 14
[32] Ibidem
[33] Millefiorini, Federica, "Il racconto (eluso-ineludibile) nei versi del Porto Sepolto" di Paolo Briganti, Op., Cit., p. 55
[34] Ossola, Carlo, Op., Cit., p. 11
[35] Millefiorini, Federica, "Parola e silenzio nel Porto Sepolto" di Daniela Baroncini, Op., Cit., p.105
[36] Ossola, Carlo, Introduzione in Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto, Venezia, Marsilio editore, 1990, pp. 11-13
[37] Baroncini, Daniela, Op., Cit., p.13
[38] Ivi, p.20
[39] Millefiorini, Federica, "Il nome scolpito: il valore iconico della parola nel Porto Sepolto" di Teresa Spignoli, Op., Cit., p.151
[40] Ivi, p.79    
[41] Ivi, p.113
[42] Ivi, p.141
[43] Ivi, p.114
[44] Cfr, Belting, Hans, Antropologia delle immagini (2002), a cura e con traduzione di Salvatore Incardona, Roma, Carocci, 2011, p. 14
[45] Ivi, p.108
[46] Ivi, p.111
[47] Ibidem 
[48] Ivi, p.100
[49] Ungaretti, Giuseppe, Vita d'un uomo, Saggi e interventi, Milano, I meridian

Bibliografia
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         come diario poetico" in Enthymema, XIV, 2016, p. 153
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