Dante Alighieri e la promozione culturale italiana

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Direttore Istituto Italiano di Cultura de Il Cairo Prima Conferenza Internazionale dedicata a Dante e il mondo arabo Universita’ di Badr – IIC Cairo

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a Conferenza Internazionale organizzata dalla BUC e dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo è una occasione di rilievo per celebrare i 700 anni della morte di Dante Alighieri in Egitto e promuovere la conoscenza della lingua italiana e il dialogo interculturale nella regione. La Conferenza si svolge durante la Settimana della Lingua Italiana nel mondo, una manifestazione che coinvolge la rete delle istituzioni italiane nel mondo e che quest’anno è dedicata proprio al Sommo Poeta. Si stanno realizzando in Italia e nel mondo centinaia di eventi culturali, tra cui mostre storiche, biografiche, virtuali, conferenze, concerti, letture. E’ un programma che intende presentare Dante come poeta di valore universale, creatore della lingua letteraria italiana, ma anche simbolo delle sfaccettature dell’Italia di oggi, studiato e analizzato in modo moderno e originale. In Dante si integrano cultura, scienza, filosofia, letteratura, una enciclopedia aperta che è a fondamento della identità italiana.

La lingua letteraria italiana formatasi attraverso le opere di Dante, Petrarca, Boccaccio ha generato  una cultura nazionale italiana molto prima della formazione politica del Paese. Si può dire quindi che al cuore dell’appartenenza e del sentimento nazionale vi sia proprio la figura di uno scrittore universale come Dante Alighieri. Non diversamente dalle grandi celebrazioni di Dante Alighieri che hanno preceduto quella attuale, nel 1865, nel 1921, nel 1965 l’attenzione del pubblico italiano e straniero è richiamata innanzitutto dallo straordinario valore letterario e culturale della Divina Commedia.

Con Dante si sono confrontati grandi interpreti come Charles Singleton, scrittori come Ezra Pound, Jorge Luis Borges e Osip Mandelstam, e in Italia autori come Primo Levi, Pier Paolo Pasolini e Eugenio Montale, per restare solo al XX secolo. Non mancano poi naturalmente le celebrazioni extraletterarie, a cominciare da due manifesti del romanticismo come la Barca di Dante di Eugène Delacroix e la  “Dante-Symphonie”  di Franz Liszt, trasposizione musicale entrata nel reperto classico.

Dante con la sua opera-mondo continua ad attrarre l’interesse di studiosi e lettori in tutto il mondo, la comunità dei dantisti diviene ogni giorno più internazionale.   In Egitto la Conferenza internazionale presso la BUC, dedicata al rapporto tra Dante e il mondo arabo, contribuirà all’approfondimento degli studi sulle fonti arabe della Divina Commedia, sui rapporti storici tra letterature e  culture.  Con le celebrazioni in Egitto si arricchisce il panorama degli studi danteschi attraverso il punto di vista del mondo egiziano e arabo, rappresentato da personalità di eccezionale valore, in uno straordinario dialogo culturale intorno al “grande fiorentino”.

Dante e le relazioni culturali italiane

Il 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri viene celebrato in Italia e nel mondo attraverso un gran numero di eventi: mostre storiche, biografiche, virtuali; concerti di musica lirica, classica, medievale, contemporanea; pubblicazioni scientifiche, traduzioni, nuove ricerche a tutto campo e molto altro ancora. In Italia Firenze e Ravenna, le città che segnano i confini della vita di Dante, sono impegnate a fornire uno straordinario contributo alle manifestazioni in onore del “grande fiorentino”. In Europa e nel resto del mondo la comunità ormai pienamente globale degli studiosi e dei lettori di Dante non e’ da meno. Dante e’ ricordato, recitato, studiato nel mondo come uno dei massimi rappresentanti di quella letteratura che, potendo parlare a ciascuno, puo’ appartenere a tutti.

Per meglio comprendere la portata di tale riconoscimento che il mondo, letterario  e non,  oggi attribuisce a Dante non sarà privo di significato ripercorrere brevemente le precedenti occasioni in cui in Italia si era già manifestato il desiderio collettivo di omaggiare il Sommo Poeta. Tali momenti sono allo stesso tempo parte del processo di costruzione della identità collettiva nazionale e di proiezione dell’immagine italiana nel mondo.  Proprio la  dimensione internazionale della sua ricezione ha fatto di Dante una figura emblematica della promozione culturale italiana, fin da  quando e’ possibile parlare di una politica culturale italiana, e cioe’ dal compimento del processo unitario.

La fase patriottica

Già nel 1865, al momento del ricorrere del 600esimo anniversario della nascita e a quattro anni dalla proclamazione del Regno d’Italia,  il nesso tra il Sommo Poeta e la nazione italiana era chiaramente posto a fondamento delle celebrazioni dantesche istituite proprio quell’anno. A Firenze, che era stata proclamata capitale del Regno il 3 febbraio del 1865 e scelto come centro delle celebrazioni per l’anniversario dell’Alighieri, le manifestazioni assunsero una dimensione nazionale e popolare. Al programma degli eventi accademici e culturali furono affiancate iniziative che attrassero un pubblico numeroso e festante. Dell’eccitazione suscitata dalla memoria di Dante sui cittadini della nuova Italia fu testimone proprio Francesco De Sanctis, il grande storico della letteratura italiana che intorno alla centralità di Dante nella letteratura nazionale aveva dedicato un profondo sforzo di ricerca, riflesso nelle celebri monografie su temi danteschi e poi nella sua Storia della letteratura italiana. De Sanctis, scrivendo alla moglie, non nascondeva di aver preso parte alle celebrazioni unendosi  alla folla e lasciandosi in qualche modo percorrere dal flusso di emozioni collettive suscitate dal desiderio di rendere omaggio al Sommo Poeta. Non senza un tocco di autoironia De Sanctis comunicava alla moglie di aver persino ceduto alla tentazione di comprare una spilletta con l’effigie del poeta, una cosa da quattro soldi, ma che doveva servire come souvenir di una giornata tanto memorabile. Era l’Italia risorgimentale che si ritrovava intorno all’Alighieri a celebrare, insieme alla sua poesia,  anche il concretizzarsi delle aspirazioni unitarie. Il coinvolgimento emotivo di De Sanctis trovava una sua ragion d’essere profonda, giacche’ scaturiva dall’adesione alla storia stessa dei valori identitari così come il critico irpino li era andato individuando nei suoi studi. 

Si inaugurava con l’anniversario dantesco del 1865 la fase che potremmo chiamare  patriottica della proiezione della figura del Sommo Poeta, storicamente collegata al processo unitario ma fondata innanzitutto sul riconoscimento del  ruolo che lingua e letteratura avevano svolto nella formazione dell’idea di nazione italiana. Restava aperto il problema del limite sociale e storico che aveva ristretto la partecipazione attiva al Risorgimento, e cioe’ la questione  della estensione della coscienza nazionale dalle classi che avevano guidato tale processo a quelle che lo avevano seguito passivamente o erano rimaste ai margini. Ma proprio su questo problema, nella visione desanctisiana, Dante e i grandi autori delle lettere italiane avrebbero svolto una funzione educativa fondamentale, nella convinzione che attraverso gli studi letterari si potesse estendere e irrobustire il processo di  formazione della coscienza nazionale. 

La sussunzione di Dante alla costruzione dell’idea patriottica culminava nel 1889 con la fondazione della Società Dante Alighieri. In quell’anno Giosuè Carducci ispiro’ un Manifesto con il proposito di mettere in pratica l’imperativo di “fare gli italiani”,  già enunciato da Massimo D’Azeglio alla proclamazione del Regno, ma che ora assumeva una valenza nuova alla luce delle dinamiche sociali, in primis l’emigrazione, e  poi l’ingresso dell’Italia nel quadro della politica europea, dinamiche  che stavano mutando il volto del nostro Paese. Sottoscritto da numerose  personalità dell’epoca, il Manifesto proponeva la creazione  un ente volto a tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo “ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana”. Nasceva così la Società Dante Alighieri, la quale cercò fin dall’inizio di promuovere in una dimensione internazionale quel progetto imperniato sull’unità linguistica che era stato elaborato a partire dai massimi autori italiani del XIX secolo.  Collocato sotto l’egida di un poeta di dimensione internazionale come Carducci – a cui nel 1906 sarebbe stato attribuito il Nobel, il progetto si trovò a dover affrontare la difficile realtà della società italiana dell’epoca segnata da analfabetismo e forti diseguaglianze. Maestri della Dante Alighieri furono impiegati sulle navi che trasportavano gli emigrati nel continente americano per insegnare i rudimenti della lingua italiana a chi, pur suddito del Regno d’Italia,  non era in grado di scrivere ne’ di parlare l’italiano. Siffatte erano le condizioni di molti, troppi italiani, e al servizio di quell’Italia si dedicavano con passione e dedizione quegli italiani che avevano potuto istruirsi e che ora forse potevano sentire quanto concreto potesse essere il richiamo dantesco a seguir virtute e canoscenza.  

 

La fase nazionalistica

Al volgere del secolo della figura di Dante si comincia ad impadronire la propaganda nazionalistica con l’intenzione di collocare l’Alighieri in posizione di primato assoluto dentro il canone della letteratura universale, genio insuperabile e campione dell’Italia che rivendicava maggiore spazio nel consesso delle nazioni. La stessa Società Dante Alighieri, rinunciando alla neutralità politica voluta da Carducci, allo scoppio della Prima Guerra mondiale si schierò con clamore per l’intervento italiano nel conflitto. Agli anni della Grande Guerra risale anche la fondazione della Università per stranieri di Siena, fortemente voluta da circoli filofrancesi nel gioco politico-diplomatico di influenze tra gli alleati. Anche la fondazione dell’Università per Stranieri di Perugia risentì del clima nazionalistico che andava permeando da tempo i circoli letterari e artistici italiani.

“Affermare la superiorità della lingua italiana nel mondo”, slogan caratteristico della retorica nazionalistica, fu preso sul serio e divenne obiettivo programmatico delle istituzioni promozionali italiane del tempo. La stessa Società Dante Alighieri assunse connotati sempre più nazionalistici fino poi a diventare un organo della propaganda del regime fascista. Stessa sorte toccò alle altre strutture di proiezione culturale verso gli stranieri, laddove lingua, letteratura e arte erano chiamate a servire agli obiettivi della politica di potenza del regime. Non a caso un pittore futurista come Gerardo Dotti fu chiamato a comporre “L’apoteosi di Roma” per la stessa Università di Perugia, un’opera pittorica illustrante la retorica del regime nel campo della proiezione della immagine del Paese. Tali intendimenti erano sottesi a varie iniziative di fascistizzare Dante Alighieri, la più imponente delle quali sarebbe stata il Danteum a Roma, un edificio progettato da architetti illustri come Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri e mai realizzato. Il Danteum, nella cui struttura architettonica dovevano riflettersi le tre cantiche della Divina Commedia,  voleva sancire appunto la coincidenza tra l’esaltazione  dell’Alighieri e quella dell’impero fascista.

La fase democratica

La fine della Seconda Guerra Mondiale, la creazione della Repubblica fondata sui valori democratici della Costituzione e gli impetuosi sviluppi sociali degli anni Cinquanta e Sessanta aprono una nuova fase per le relazioni culturali. Non e’ estraneo a tali dinamiche un nuovo approccio alla promozione all’estero della figura di Dante, attuata anche attraverso la rete degli Istituti Italiani di Cultura.

In Italia le analisi dei testi danteschi  ora si arricchiscono di nuove voci, che entrano attraverso la mediazione degli specialisti nei commenti in uso nelle scuole e nei manuali di letteratura. Ci si apre ad esempio alla lettura di Antonio Gramsci, la celebre analisi del Canto X di Cavalcante in cui si critica la rigida distinzione di Benedetto Croce tra poesia e non poesia, e si individuano nei valori strutturali e nel contesto storico gli elementi integranti e irrinunciabili dell’universo poetico dantesco.  Particolare significato assumono letture dantesche che sono emblematiche del XX secolo e delle sue vicende più drammatiche. Tra queste spicca il Dante di Primo Levi nel lager nazista, in cui la figura di Ulisse per un attimo sembra poter rappresentare un barlume di umanità e di speranza anche in un luogo veramente infernale, di sopraffazione, dolore e morte.  O  gli echi danteschi nei versi scarni e aspri di Eugenio Montale, espressione delle sofferenze esistenziali e del male del vivere che hanno segnato un lungo tratto della sensibilità letteraria del secolo. O gli esercizi tra poesia e autobiografia con cui Pier Paolo Pasolini intendeva sublimare in Dante la sua personale interpretazione di poeta popolare.  O ancora il riscatto dell’interpretazione figurale del viaggio dantesco, riletto da un protagonista del dibattito italiano come Franco Fortini, che trova in Dante un riferimento per la riflessione poetica sul contrastato percorso dell’umanità  verso la giustizia.

Le celebrazioni del 1965, settimo centenario della nascita, furono orientate proprio in questa direzione e coincisero tra l’altro con quelle dedicate al ventesimo anniversario della Resistenza. Con Dante si celebrò il riscatto dell’Italia democratica dalla rovina a cui l’aveva condotta il fascismo, recuperando con il Sommo Poeta il senso e l’orgoglio di aspirare ai valori più alti della nostra tradizione culturale.  Nella seconda metà del XX secolo autori di orientamento diverso trovano dunque in Dante strumenti linguistici e concettuali che servono alla loro attività letteraria, un materiale pulsante e vitale che ne costituisce la sostanza profonda. Si e’ detto a questo proposito che il contributo che viene dall’estero sia decisivo per capire oggi la presenza di Dante nel mondo.  Senza di esso non si capirebbe la dimensione globale degli studi danteschi ne’ l’entusiasmo che anche le celebrazioni di quest’anno generano nel mondo. Del resto, per restare al XX secolo,  ma si potrebbe risalire almeno al XVIII,  a  grandi interpreti come Erich Auerbach e  Charles Singleton, a scrittori come Ezra Pound, Jorge Luis Borges, August Strindberg, T.S. Eliot, Joseph Brodsky, Anna Achmatova,  Osip Mandelstam si devono straordinarie interpretazioni, intuizioni, elaborazioni che hanno rilanciato nel mondo la sua presenza.

Abbandonata la vuota retorica nazionalistica, le  nuove voci e letture sono state promosse anche dalla rete degli Istituti Italiani di Cultura,  contribuendo alla loro diffusione nel mondo. Dante è divenuto così, liberato dai lacci di un angusto e provinciale nazionalismo, una figura aperta nelle relazioni culturali  attuali. E’ lo scrittore a cui fanno riferimento gli studiosi e i lettori del mondo, una comunità  senza distinzioni ulteriori, spazio comune di tutti coloro che vogliono avvicinarsi - e fosse pure per poterne criticare il fondamento  con argomenti meglio ponderati -  al gruppo degli autori riconosciuti dal canone occidentale  come formativi,  insieme agli altri della tradizione europea come Shakespeare, Goethe, Cervantes, Camoes etc.  A queste voci si uniscono oggi quelle del mondo arabo, a cui il primo convegno internazionale organizzato dalla BUC e dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo offre una opportunità straordinaria. L’approfondimento dell’analisi delle fonti arabe della Divina Commedia, già molto avanzato grazie all’opera di numerosi studiosi, potrà accompagnarsi alle nuove ricerche e alle nuove produzioni letterarie che tale meritorio lavoro di indagine potrà generare.

Il Dante delle celebrazioni di oggi e’ quello che possiamo usare come fermento per arricchire noi stessi, per le nostre domande, inquietudini, aspirazioni. Una palestra di educazione linguistica per potenziare la nostra capacità di esprimerci e comunicare, uno strumento per capire il mondo, attraverso quella opera-mondo per eccellenza che e’ la Comedia.