La mobilità culturale e la letteratura pura: un nuovo approccio per interpretare gli influssi letterari reciproci

Document Type : Original Article

Author

Faculty of Linguistics and Translation, Badr University in Cairo, BUC

Abstract

The hypotheses concerning the Arabic content in the Divina Commedia by Dante Alighieri do not examine the social and the cultural conditions of Florence in Middleages which motivated writers and poets to make use of transculturation, cultural transfer, and the crossing of cultures from one land to another in a free and boundless movement. In my opinion, it is necessary to adopt sociological element that can interpret the influences that a certain literature underwent, without investigating or denying the originality of the work in question, especially when it comes to the great works of the history of world literature. This article combines two divergent concepts, but they serve as tools to explain the famous concept of influence in traditional comparative literature and open a new window that contrasts the nationalist tendencies of this type of study. On the one hand, there is the so-called cultural mobility, in which we use a specific definition that was used in social studies, and it sets conditions for the transmission of thought and ideology, through language and literature, from one part of the world to another, and from generation to generation. On the other hand, there is the so-called pure literature with different definitions, but they share a common notion, a purifyed literary essences, which is the concept we used to liberate transmissible literary notions from their descriptive and contextual constraints.

Keywords

Main Subjects


Ci si scontra, a volte, con termini linguistici che si usano spesso, ma non sono abbastanza chiari nelle loro definizioni, tra questi il termine  “mobilità culturale”, tanto usato dai media,  talvolta in senso elogiativo, ma non sempre. Un altro termine riguarda la letteratura, in specifico la “letteratura pura”, che si usa nel parlato come espressione spregiativa per segnalare, forse, una cosa irreale.  Il concetto degli “influssi letterari” esercitati da una cultura sull’altra è un altro concetto pieno di connotazioni nazionalistiche con uno stampo, a volte, sciovinistico. A legare tra mobilità culturale, letteratura pura e influssi letterari, è un pensiero che mi è venuto in mente meditando (meditazione caratteristica dell’era Covid 19!) sulla razza umana, da un punto di vista anche biologico. C’è chi nega l’esistenza di una “razza” umana interpretando la parola “razza” etimologicamente alla francese, che riguarda l’allevamento dei cavalli [dal fr. ant. haraz «allevamento di cavalli», prob. attraverso un’agglutinazione e falsa deglutinazione [...] con estranei. – dizionario Treccani online] parlando della specie umana, con la maggioranza della comunità scientifica che afferma che non c’è una razza umana pura. Al contempo uno scienziato italiano, Luigi Cavalli-Sforza, conferma risultati a lui precedenti e afferma che “all'interno del loro DNA le persone appartenenti a “razze” diverse sono molto simili tra loro, e ciò a causa delle frequenti migrazioni che nel corso dei millenni hanno determinato continui ‘rimescolamenti’ dei geni[1].  Allora la mobilità delle persone è la causa responsabile di questa omogeneità umana e l’uomo che conosciamo oggi è un prodotto di processo di ibridazione di millenni. Pensando che le persone si muovano cariche delle cose loro necessarie, tra cui anche le loro produzioni espressive, la loro poetica sono giunto alla conclusione - precoce e priva di documentazione - che la letteratura che consumiamo oggi è un prodotto di simile ibridazione di millenni. Come non c’è una razza umana pura, similmente non c’è una letteratura pura.

Queste conclusioni conducono, per forza di cose, a riesaminare il concetto della letteratura pura. Come è stato usato questo termine nelle storie delle letterature.

I giapponesi sono stati i primi ad usare questo termine, jun-bungaku, che riflette una controversia tra i critici giapponesi, fine Ottocento e primo Novecento, individuando opposizioni binarie: letteratura popolare contro letteratura alta o pura. Si tratta di oggettività della rappresentazione artistica vs soggettività, drammaticità vs liricità, costruzione vs frammentarietà[2]. Da questa definizione sappiamo che la letteratura pura è soggettiva, lirica e frammentaria. Sono tre componenti che useremo più avanti per spiegare come si trasferisce la letteratura da una terra all’altra.

Gli italiani, per conto loro, hanno anche la loro definizione, influenzata da concezioni francesi e americane sulla materia. Si tratta di una lirica slegata dai referenti reali e volta a creare un universo in cui significanti, i suoni delle parole, svincolate dai significati consueti, si carichino di valenze inedite, di sensi inconsueti e riposti che riescano a cogliere gli aspetti nascosti e davvero essenziali della realtà: il significato letterale resta oscuro e al limite indecifrabile e appunto per questo la lirica mantiene costantemente la sua ‘purezza assoluta’.[3]

Quello che è stato detto per la poesia pura si applica agli altri generi come il romanzo, in particolare il romanzo decadente accolto come risposta al romanticismo e naturalismo e volto all’analisi dell’interiorità: “Già il francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907), nel suo celebre romanzo A ritroso (o anche Controcorrente, À rebours, 1884), sosteneva che era necessario «spezzare i limiti del romanzo»: in effetti, il suo testo evita una trama di tipo romanzesco e si affida soprattutto all’elaborazione linguistica e alla sorpresa generata dalla singolarità delle situazioni e delle descrizioni”.[4]

Così i critici  euro-americani e giapponesi concordano nel vedere la purezza della letteratura nel lirismo, soggettivismo e vita interiore dei personaggi. Ma anche nel rompere i limiti, nella frammentarietà, nell’ignorare il significato diretto delle parole, e nella ricerca della valenza inedita, degli aspetti nascosti, ecc.  

D’altro lato in Cina, si ritorna ancora una volta allo stesso concetto della letteratura pura, come la presenta la scrittrice Can Xue che afferma:

“Vi è un piccolo gruppo tra i letterati che non si accontenta di fermarsi allo strato superficiale dell’anima, il loro sguardo volge sempre ai confini estremi del campo visivo umano per poi addentrarvisi senza limiti. Secondo il loro punto di vista, è attraverso la scrittura che si sconfigge la progressiva vacuità della realtà convenzionale e a quell’enigma dell’eternità universale riservano sempre la devozione e la sofferenza di un innamorato. Vogliono liberarsi dai ricordi superficiali e il loro punto di partenza non è la fama sociale (che ha effetti solo nel breve periodo), perciò serbano un atteggiamento contraddittorio persino nei confronti dell’elemento fondamentale della letteratura – il lettore. La loro è la continua ricerca di tutto ciò che è immutabile ed essenziale, come il cielo, il grano, il mare, impegnandosi silenziosamente nella perfezione della natura umana (prima di tutto l’io). Queste opere scritte dai letterati, le chiamiamo letteratura pura e io spero di poter essere sempre parte di questa cerchia ristretta”[5].

Ho sottolineato alcune caratteristiche della letteratura pura alla cinese che trovo ancora conforme a quello che, quasi, tutto il mondo definisce.

Ora, a che cosa servono tutte queste definizioni che mettono a confronto divergenti correnti letterarie? A dire la verità, per sé stesse non servono a niente, ma, da parte mia, vengono usate qui per formulare un idea universale priva di tratti spaziali e temporali del concetto della “letteratura pura”, o per meglio dire una definizione transculturale, che significa, in fin dei conti, oltre i confini dello spazio e del tempo.

Dunque, si può descrivere la letteratura pura come segue:

  • soggettiva,
  • frammentaria;
  • lirica;
  • riguarda la vita interiore dei personaggi;
  • rompe i limiti della narrazione;
  • ignora il significato diretto delle parole;
  • ha una valenza inedita;
  • si interessa degli aspetti nascosti della opera letteraria;
  • volge lo sguardo sempre ai confini estremi del campo visivo;
  • sconfigge la progressiva vacuità della realtà convenzionale;
  • si libera dai ricordi superficiali;
  • in continua ricerca di tutto ciò che è immutabile ed essenziale.

Sembra che tutta la letteratura sia anche questo, come d’altronde presentata da tanti filosofici/critici, da Croce[6] e Sartre[7] che sono esempi di tale visione, che sia estetica o impegnativa, ma questo (non?) vuol dire che sia pura un’opera letteraria che abbracci questi elementi distintivi. Al massimo potrei dire che sono elementi prodotti da un processo di filtrazione di tante opere, convergenti in quanto rispondano alle condizioni della letterarietà.

Come elementi artistici, liberati dal contesto storico e sociale delle opere d’arte, questi possono, secondo me, trasferirsi da una terra all’altra, da una generazione all’altra, ma nel loro trasferimento contaminano la cultura ricevente ed entrano a fare parte dei geni letterari incrociati e ibridati nei millenni letterari, come, appunto, il genere umano stesso.

Il loro influsso sul ricevente potrebbe avere un meccanismo comune tutte le volte in cui avviene uno scambio di idee e di concetti “puri” tra diversi. Questo meccanismo potrebbe essere la mobilità culturale, che fa parte degli studi sociologici, da cui apprendiamo che riguarda i problemi che gli individui affrontano per cambiare le loro posizioni culturali.   Dallo studio di Mario Pollo[8], pubblicato nel 1978, si può tranquillamente individuare alcuni elementi peculiari della mobilità culturale:

1-      La mobilità culturale interessa per lo più il mondo giovanile. Per capire la necessità di cambiare il “set up” culturale dei giovani c’è bisogno di “nuovo schema osservazione e di interpretazione che rifiuti qualsiasi tipo di normatività, che non pretenda cioè di confrontare la realtà del mondo giovanile (odierno) con una visione cristallizzata della società, dei rapporti umani e del sistema di valori in uso”. Dunque, il problema principale sta nella società in cui vive un giovane, specialmente quando è colto e letterato, perché è più sensibile alle norme, ai rapporti umani e al sistema dei valori.

2-      Secondo Mario Pollo “una delle caratteristiche emergenti del mondo giovanile (odierno) è rappresentata dalla cosiddetta mobilità ideologica e culturale. Questo fenomeno è osservabile con maggiore evidenza tra i giovani più impegnati politicamente e/o socialmente ma da esso non sono esenti anche quelli più disimpegnati”. Aggiungerei i giovani impegnati culturalmente.

3-      “Sembra che in queste generazioni giovanili i confini che tradizionalmente hanno separato i diversi tipi di cultura, i diversi umanesimi e le diverse ideologie politiche siano diventati improvvisamente assai labili e permeabili consentendo una facile trasmigrazione di adesioni dall'uno all'altro o anche la formazione di nuove aree dall'incontro di elementi provenienti da diversi modelli culturali e ideologici”.

4-      «per mobilità ideologica e culturale si intende tanto il passaggio di soggetti in tempi successivi da una adesione univoca ad un determinato modello culturale-ideologico ad un altro, quanto il non aderire da parte di particolari soggetti ad un preciso modello sostituendo ad esso una aggregazione dinamica, e perciò in continua trasformazione, di vari elementi presenti in culture-ideologie diverse a volte anche antagoniste tra loro». Queste elementi, se non sono presenti nella cultura locale, si importano da altre culture, anche lontane.

5-      “Questo fenomeno tende a diminuire di molto la comunicabilità tra il cosiddetto mondo adulto e quello giovanile. Molto spesso i fatti sociali, economici, morali, politici... sono valutati dai giovani a partire da sistemi concettuali completamente estranei alla formazione culturale degli adulti (…)[9].

Le conclusioni di Mario Pollo, (confesso qui che commetto l’errore imperdonabile della generalizzazione) possono essere applicate ai giovani dei tutti i tempi e di tutti i posti. Le generazioni giovanili in tutti i tempi hanno gli stessi problemi culturali, lo stesso conflitto generazionale e lo stesso effetto della mobilità culturale che porta a loro soluzioni per i problemi che si trovano ad affrontare. Non solo i giovani, ma anche le società che si trovano in crisi per la mancanza di modelli ideologici e culturali e che quando trovano questi modelli lo acquistano, non importa da dove o da chi.

Cogliendo l’occasione del settecentenario di Dante Alighieri, vorrei ora applicare questa ipotesi al caso suscitato da tanti studi comparatistici che parlano di un certo influsso di risorse orientali, non solo nel suo capolavoro, La divina commedia, ma in tante altre sue opere poetiche.

Il contenuto arabo nelle opere di Dante va visto come naturale influsso di un giovane letterato, come Dante, che si trovava in una società medievale, in profonda crisi, soffriva della mancanza di un modello e di un sistema di valori in grado di soddisfare il bisogni delle generazioni giovanili del suo tempo. La mobilità culturale di Dante lo mise in contatto con il mondo in cui, cercando, soprattutto, un possibile modo di affrontare diverse questioni comuni con la cultura araba; pronto a ricevere ideologie diverse, ma anche elementi puri della letteratura araba, di cui sopra.

Riguardo a questo, non è possibile ipotizzare che Dante fosse in grado di leggere un’opera letteraria intera, in lingua araba o tradotta in latino, ma si può immaginare che abbia ricevuto questa forma di letteratura pura, da fonti scritte, ma anche da fonti orali, nei circoli dei poeti giovani di quel tempo, o dai suoi professori che gli insegnavano le diverse materie letterarie che andavano di moda in quel tempo.

Il contenuto arabo nella commedia era trasferibile attraverso tutti i canali della comunicazione possibili a quel tempo, che possono essere paragonati, relativamente, ai canali tecnologicamente avanzati di oggi.

Le ipotesi che riguardano il contenuto di origine araba nella Commedia non esaminano le condizioni della società fiorentina che doveva avvalersi della transculturazione, del trasferimento culturale e dell'attraversamento delle culture da una terra all'altra in un movimento libero e senza confini.

Secondo me bisogna aggiungere a queste ipotesi un elemento sociale e sociologico che possa interpretare gli influssi che subiva una certa letteratura da un’altra, senza indagare o negare l’originalità dell’opera in esame, specialmente quando si tratta delle grandi opere della storia della letteratura mondiale.

 



[1] https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/r/razza

[2] Luisa Bienati, La controversia sulla trama nel romanzo in Luisa Bienati et al., (a cura di), Letterario, troppo letterario- Antologia della critica giapponese moderna Marsilio Editori, Venezia 2016, p. 178.   

[3] Alberto Casadei-Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana contemporanea. Edizione digitale: novembre 2014 www.laterza.it

[4] Ibidem.

[5] 27 aprile 2002, Beijing Mudayuan Editore responsabile Li Jinwen, Relazione tra creazione letteraria e razionalità. In Noemi Bacchi, Can Xue: pensiero e scrittura di una intellettuale contemporanea cinese (pagine 85-90) tesi di laurea, Ca Foscari, Venezia 2011-2012.

[6] ln Breviario di estetica di Benedetto Croce, pubblicato nel 191, che fu per molto tempo un libro “scolastico”, ci insegna che cos’è arte e che cos’è non arte. Le opere d’arte, per Croce, sono sostanzialmente immagini interiori, esistono solo “nelle anime che le creano o le ricreano”, vedi https://www.filosofico.net/esteticacroceee.htm

[7] Secondo Sartre “ogni letteratura nel suo complesso è, in ogni epoca, essa stessa l’ideologia che costituisce tutto quello che il periodo storico”, da cui si evidenzia che la letteratura significa, non solo impegno, ma anche libertà e indipedenza. Cfr. Marika Tantillo, “CHE COS’È LA LETTERATURA?” DI JEAN-PAUL SARTRE, in https://diacritica.it/storia-dell-editoria/che-cose-la-letteratura-di-jean-paul-sartre.html

[8] Marco Pollo, Mobilità culturale e ideologica, NPG 1978-02-53. Tutte le citazioni seguenti  sono estratti di questo saggio.

 

[9] Ibidem.